Perché la raccolta firme (con Spid) di “Referendum e Democrazia” è legittima? Lo spiega l’esperto Corasaniti

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Il ricorso è stato presentato dopo la bocciatura da parte della Corte d'Appello. Ma ci sono norme europee che regolamentano proprio l'equiparazione tra la firma fisica e quella digitale

Ci sono regolamenti europei che, per loro natura, hanno una forza superiore rispetto alle leggi nazionali. È il caso di una normativa del 2014 che, di fatto, ha equiparato – a livello continentale, prima di essere recepita da tutti gli Stati membri – la firma digitale a quella “fisica” (o cartacea). E questo principio deve necessariamente essere applicato anche in ambito elettorale (e non solo referendario). Ma le Corti d’Appello hanno bocciato proprio quella raccolta firme in versione digitale (accumulate grazie all’utilizzo dell’identità digitale SPID riconosciuta a livello nazionale come sistema di identificazione certificata) presentata dalla lista “Referendum e Democrazia” di Marco Cappato in vista del voto del 25 settembre. E mentre si attende l’esito del ricorso presentato nei giorni scorsi, un noto esperto di giurisprudenza e docente di “Diritto dell’Amministrazione Digitale” alla Luiss, spiega perché il ricorso sia sacrosanto, la raccolta firme con quella modalità sia corretta e lecita.



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A parlare è l’ex capo procuratore della Corte di Cassazione – responsabile dell’Innovazione per moltissimi anni – che ha spiegato anche quali potrebbero essere i riflessi sul nostro Paese in caso di mancata validazione della raccolta firme di “Referendum e Democrazia” in vista del voto del prossimo 25 settembre. La riflessione di Giuseppe Corasaniti parte dalle motivazioni indicate dalle diverse Corti d’Appello che hanno respinto la presentazione delle liste relative a Marco Cappato e alla sua iniziativa politica (quelle relativa alla Camera nei collegi Europa e Lombardia 1 e al Senato nei collegi Europa e Emilia Romagna 1 e 2, Lazio 1 e 2, Lombardia 1,2 e 3, Piemonte 1 e 2, Toscana e Veneto 1 e 2): non un0’indicazione univoca, ma il riferimento quasi omogeneo alla mancata equiparazione tra le firme raccolte in modo digitale e quelle “cartacee”.



Referendum e Democrazia, perché le firme SPID sono legittime

In una nota resa pubblica dall’Associazione Luca Coscioni, il noto giurista esperto di Diritto dell’Amministrazione digitale fornisce qualche dettaglio sul motivo per cui la raccolta firme digitali (anche per presentare le liste elettorali) attraverso uno strumento come lo SPID sia legittima, a differenza delle bocciature arrivate dalle sopracitate Corti d’Appello:

«Bisogna considerare una importante fonte essenziale: il Regolamento dell’Unione europea, eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature) UE n. 910 del 2014, attenzione è un Regolamento ovvero ha una forza superiore a quella di una fonte di legge. Equipara le firme digitali a quelle cartacee e si basa sul principio di indiscriminazione per cui nessun cittadino può essere, nel territorio dell’Unione Europea, discriminato per il solo fatto che utilizzi la firma digitale. Questo di per sé rende l’iniziativa della lista ‘Referendum e Democrazia’ sacrosanta a livello europeo perché il principio è fissato e determinato da un regolamento, il che vuol dire che espone l’Italia a una procedura d’infrazione di fronte alla Corte di giustizia, oltre che a un comprensibile ricorso, con ampi margini di fondatezza di fronte alla Corte europea dei diritti umani. Si tratta di un vero e proprio diniego di un diritto riconosciuto da un regolamento europeo».



Il docente, giurista ed ex Procuratore della Corte di Cassazione fa riferimento a un regolamento Europeo: il n. 910 del 2014. E, ironia della sorte, troviamo testimonianza di questo documento – che è stato, dunque, recepito dal nostro Paese – all’interno del sito ufficiale dell’Agenzia per l’Italia Digitale, che fa parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri. E all’interno si parla proprio dell’equiparazione delle firme digitali.

Cosa dice il Regolamento Europeo

Il testo è chiaro e spiega nel dettaglio quali caratteristiche devono essere presenti all’interno di tutto il contorno che porta alla validazione (sotto tutti gli aspetti) di una firma digitale, in modo da renderla equiparabile a quelle “fisica”.

«Una firma elettronica qualificata basata su un certificato qualificato rilasciato in uno Stato membro è riconosciuta quale firma elettronica qualificata in tutti gli altri Stati membri».

Possibile, dunque, bocciare una raccolta firme elettroniche per presentare le liste elettorali in Italia nonostante questa tipologia di firma (ricordiamo, avvenuta attraverso lo SPID che è riconosciuto universalmente dallo Stato italiano per compiere diverse azioni) sia legittima nell’ambito di un sistema tra Paesi diversi, compresa anche l’Italia? Per questo motivo, carte alla mano, Corasaniti sottolinea un aspetto: l’Italia, qualora la raccolta presentata da “Referendum e Democrazia” fosse ufficialmente bocciata anche dopo il ricorso, potrebbe incorrere in una procedura di infrazione da parte dell’Europa. Perché ci sono regolamenti comunitari che hanno una maggiore forza rispetto a una legge interna. E, in questo caso, parliamo di un regolamento recepito dal nostro Paese diversi anni fa.