Quanto costa la cassa integrazione?

Il governo ha intenzione di ridurla. I conti del welfare

Quanto costa la cassa integrazione? Nel giorno in cui il governo annuncia una possibile riduzione del ricorso all’unico (finora) strumento di welfare per i lavoratori, basta poco per capire a quanto ammonta il totale che lo Stato sborsa per questo strumento. In questi anni di crisi la Cig è costata in tutto 5 miliardi di euro—il dato si riferisce alle ore utilizzate, secondo una rielaborazione della Uil—, di cui circa 1,6 miliardi per la cassa in deroga, 1,1 per l’ordinaria e 2,3 per la straordinaria: il peso per le casse pubbliche è stato dunque di un terzo.Il Corriere ci spiega come funziona:

Su chi incide allora la cassa integrazione erogata dall’Inps? Una parte consistente degli ammortizzatori sociali grava su imprese e lavoratori. Nel 2011 sono finiti nelle casse dell’Inps a tal scopo 8,6 miliardi di euro. In uno studio la Uil ricorda che la gestione che eroga la cassa integrazione ordinaria è stata negli ultimi sei anni sempre in attivo, partendo dagli 1,9 miliardi di euro del 2006 agli oltre 1,7 miliardi del 2011. Tuttavia i conti sono in sofferenza e questo per la crisi economica che ha colpito con particolare intensità le aziende negli ultimi tre anni, costringendole a fare un ricorso massiccio agli ammortizzatori sociali, cioè a quegli strumenti che tutelano il reddito dei dipendenti che stanno per perdere o hanno perso il posto di lavoro. Insomma, vi fanno ricorso le aziende in difficoltà, che hanno bisogno di una riorganizzazione o di una ristrutturazione. E questo può accadere per diversi motivi, perché magari le commesse in un dato periodo sono venute meno oppure perché la società ha bisogno di una forte innovazione tecnologica per aumentare la produttività, o per una temporanea difficoltà del mercato. La cassa integrazione ordinaria per l’industria e l’edilizia (per aziende con oltre 15 dipendenti) integra o sostituisce la retribuzione dei lavoratori in difficoltà economiche a causa di una sospensione o di una riduzione dell’attività e viene erogata solo nel caso di crisi temporanee e ha una durata che va da 13 settimane fino a un massimo di 52 nell’arco di un biennio.

La Cig straordinaria, invece, serve a far fronte a ristrutturazioni e riconversioni e dunque a gravi situazioni di esubero che potrebbero tradursi in licenziamenti collettivi:

La durata varia da 12 mesi a 24, prorogabili di ulteriori 12, ma comunque non può superare i 36 mesi in 5 anni. Triennio record Da tre anni la cassa integrazione è su livelli record, con circa un miliardo di ore autorizzate all’anno: più di 914 milioni nel 2009, 1 miliardo e 203 mila nel 2010 e 953 milioni nel 2011. Per ritrovare cifre del genere bisogna andare indietro nel tempo, al 1984 quando toccò 816 milioni di ore. Tuttavia bisogna fare attenzione: si tratta delle ore autorizzate e non delle ore effettive. Infatti, come ha sottolineato al Corriere all’inizio dell’anno il presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua, «le ore effettivamente utilizzate nel 2011 sono il 46%» e ci sarebbe una lenta inversione di tendenza che sembra dovrebbe essere confermata nel 2012. Perciò, a chi sventolava lo spauracchio della cassa integrazione dai costi insostenibili e dunque il conseguente rischio della disoccupazione di massa, Mastrapasqua precisava che «per il 2012 intanto ci sono gli stanziamenti per gli ammortizzatori e che in caso di scadenza della cassa ordinaria e straordinaria può intervenire la cassa in deroga a prorogare i sussidi».

Ed ecco quindi i conti:

Sta di fatto che secondo i dati dell’Inps, i lavoratori che hanno ricevuto una qualche forma di prestazione al reddito (Cig ordinaria, straordinaria, in deroga, indennità di mobilità e di disoccupazione) sono stati circa 4milioni ogni anno nell’ultimo triennio, per una spesa di circa 18-20 miliardi l’anno. Gli esclusi Con l’ultima crisi, quella esplosa nel 2009, è risultato necessario estendere gli ammortizzatori sociali anche alle aziende artigiane, del commercio e del terziario che però non contribuiscono alla cassa. Di qui la creazione della cassa integrazione in deroga. «Tuttavia la cassa non copre alcune tipologie di lavoratori — spiega Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil—: i contratti di collaborazione e le partite Iva che sono considerati come lavoratori autonomi pur non essendoli». Per questo la proposta di riforma dei sindacati va nella direzione di «una cassa estesa a tutti i lavoratori indipendentemente dalla tipologia di impresa».

Una via, secondo Guglielmo Loy, segretario confederale della Uil, potrebbe essere:

«alzare il costo previdenziale assistenziale per i contratti a termine non giustificati dalla stagionalità. Questo consentirebbe poi di avere un ammortizzatore più significativo di quello attuale». E per quanto riguarda la cassa integrazione in deroga, l’idea «è andare a regime con i contributi anche da parte di quelle imprese che ora ne sono escluse. Si può pensare a un meccanismo progressivo», ragiona Fammoni. Resta il fatto, sottolineano i sindacati, che il nostro sistema di ammortizzatori sociali è uno dei più economici d’Europa. E anche Confindustria sostiene la stessa tesi, come mostra in un suo studio dove confronta le diverse realtà europee. Poco meno dell’Italia spende solo la Gran Bretagna (il 28,2% del Pil) e noi siamo in piena media europea (28,4% del Pil). Certo, per i precari servono nuove soluzioni: «I requisiti di accesso agli ammortizzatori sociali — conclude Fammoni —penalizzano i giovani e le diverse forme di lavoro non cumulabili. Tuttavia la cassa integrazione in questi anni ha funzionato, la maggioranza dei lavoratori è poi rientrata al proprio posto. Senza ci sarebbero stati 700-800 mila disoccupati in più».

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