Come funziona l’esercizio delle professioni sanitarie senza laurea deciso dal governo Lega-M5S

In una manovra finanziaria che si annuncia carica di condoni, non poteva mancare quello per le professioni sanitarie. Qui, tuttavia, oltre alla beffa per l’allargamento di una platea (meccanismo tipico di un condono), c’è anche il danno di un metodo sbagliato: in un mondo che richiede sempre più specializzazione e sempre maggiore attenzione soprattutto in campo medico, il governo prevede di allargare questa platea anche a chi non ha il titolo di studio adatto.

Professioni sanitarie, come cambia l’accesso alla professione

In effetti, l’emendamento in manovra va a modificare la legge 42/99 in tema di professioni sanitarie. Da quel momento in poi, erano stati istituiti dei corsi di laurea ad hoc (che ebbero anche un grande sviluppo nei primissimi anni) per chi volesse svolgere la professione di infermiere, ostetrico, fisioterapista, logopedista, riabilitatore e tutti gli altri operatori nel settore tecnico-sanitario. Ovviamente, prima di quella legge, c’erano diverse persone che esercitavano questa mansione senza un titolo di studio equivalente alla laurea, ma dopo aver seguito dei corsi specifici. In quella circostanza, per non modificare la situazione in essere, si estese la possibilità di continuare a esercitare professioni sanitarie anche a chi, per il pregresso, non era in possesso del titolo di studio, ma aveva fornito la sua lunga esperienza nel settore.

Come cambia la legge 42/99 sulle professioni sanitarie

Il ‘condono’ fatto con la manovra finanziaria del governo Lega-M5S, tuttavia, è diversa. Innanzitutto, fa riferiemento a un orizzonte temporale (quello degli ultimi 10 anni) interamente coperto dalla legge 42/99. Con l’introduzione del comma 4-bis, tuttavia, basterà «aver svolto professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione senza il possesso di un titolo abilitante per l’iscrizione all’albo professionale, per un periodo minimo di 36 mesi, anche non continuativi, negli ultimi 10 anni».

Negli ultimi 10 anni, per svolgere le professioni sanitarie, bisognava conseguire un titolo. Mentre, invece, una ristretta platea di persone non aveva questo inquadramento per una serie di motivazioni. «Stiamo parlando – fanno sapere dal ministero della Salute di Giulia Grillo – in grande prevalenza di massofisioterapisti ed educatori professionali, ma anche di altre categorie più circoscritte. Tra questi alcuni non hanno partecipato alle procedure indette, a suo tempo, dalle medesime Regioni per la equivalenza ai titoli universitari non essendone prevista la necessità dal quadro normativo di allora; altri si sono formati attraverso corsi organizzati dalle Regioni che non possono essere riconosciuti validi per l’iscrizione agli albi».

Ma questo condono sa di approssimazione. Nella manovra è previsto anche il fatto di poter diventare massaggiatore o massofisioterapisti senza la necessità di aver conseguito il diploma in scuole apposite, liberalizzando questa professione. Le associazioni sono sul piede di guerra ed evidenziano le criticità di una decisione che non premia il merito né la formazione di chi svolge le professioni sanitarie dopo un lungo percorso di studio: «Assisteremmo – fanno sapere ad esempio dall’Associazione italiana dei fisioterapisti – al paradosso che chi ha lavorato come dipendente o autonomo svolgendo attività riconducibili a quelle di una professione sanitaria come il fisioterapista o altra professione, senza titoli di studio abilitanti all’esercizio, verrà iscritto in elenchi speciali, potendo così continuare ad esercitare abusivamente. Manca la previsione di quali titoli di studio permetterebbero tale iscrizione, mancano le modalità di verifica delle reali competenze degli iscritti agli elenchi speciali necessarie per potersi occupare della salute delle persone. Una assurdità totale. Nessuno, politica o sindacati, potrà cavarsela con la scusa di aver salvato posti di lavoro».

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