I Brexiters non hanno ingannato nessuno, la sentenza chiude la diatriba

C’è grande confusione oltremanica. Le contrattazioni per gestire il divorzio del Regno Unito dall’Unione Europea procedono a rilento, e lo scorso mese era arrivata anche un’ammenda dalla Commissione Elettorale, che accusava la piattaforma Vote Leave, che si era aggiudicata il ruolo di organizzatore ufficiale della campagna, di aver superato il massimo legale di spesa, e di aver quindi dichiarato il falso. Oggi l’Alta Corte britannica li ha invece assolti, dicendo che è stata la commissione a spiegarsi male.

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I conservatori pro Brexit possono0 tirare un sospiro di sollievo. La multa di 625’000 sterline che gli era stata inflitta dopo l’accusa di aver speso 7’449’079 pound non sarebbe valida. Colpa della Commissione che ha frainteso, o reso non chiara, la legge. Per le campagne elettorali è infatti stabilito un limite massimo di spesa di 7 milioni di sterline, che Vote Leave, secondo quanto era stato segnalato, avrebbe infranto. Al centro del confronto sono i soldi che sarebbero stati versati allo studente universitario Darren Grimes, il fondatore di BeLeave, che superavano il limite concesso ai militanti non registrati.

Il sentimento generale sia che il fronte pro-Brexit abbia ingannato i cittadini britannici raccontando uno scenario di uscita non realistico, che viene smentito di giorno in giorno anche dalle fluttuazioni recenti dell’economia e dal mercato del lavoro e immobiliare: secondo l’ultimo report dell’Indice Global Financial Centres (Gfci 24) la Borsa di Londra avrebbe perso la corona di principale piazza della finanza mondiale, proprio per colpa della Brexit. Stavolta però, pare che siano proprio i Brexiters ad essere stati ingannati. La sentenza assolve i conservatori, e condanna la Commissione elettorale, che avrebbe commesso «errori» nell’interpretazione dell’organismo elettorale. Matthew Elliot, ex capo di Vote Leave, ha dichiarato a proposito della sentenza che «ha gettato la legge elettorale e referendaria nel totale caos» aggiungendo che «o si sta sbagliando la commissione elettorale o l’alta corte britannica».

I soldi versati a Darren Grimes sono validi o no? Contano come spese referendario? Nella sentenza Lord Justice Leggatt ha affermato che la Commissione elettorale ha «interpretato erroneamente la definizione di ‘spese referendarie» aggiungendo che «la fonte del suo errore è un’ipotesi errata che un individuo o un ente che effettua una donazione a un partecipante autorizzato non possa quindi incorrere in spese referendarie». Quindi le donazioni fatte a Grimes, che sono state subito investite nella sua agenzia digitale AggregateIQ, dovevano essere conteggiate come spese referendarie. Ma questo non era stato ben spiegato dalla Commissione Elettorale. Un problema che sarà meglio risolvere al più presto, considerando che c’è chi sta promuovendo l’idea di un nuovo referendum, per cavalcare la grande ondata dei delusi. Secondo gli ultimi sondaggi infatti, oggi 112 circoscrizioni voterebbero diversamente.

 

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