Si è inceppato qualcosa nel meraviglioso mondo del cinema italiano

Gli osservatori hanno analizzato un arresto significativo delle produzioni: molto dipende sia dai nuovi meccanismi della politica, ma anche da una sorta di effetto imbuto che si è venuto a creare dopo 5 anni di grandi investimenti

13/08/2024 di Gianmichele Laino

Da un lato, ci sono le misure – che inevitabilmente andranno a disciplinare il mercato cinematografico dei prossimi anni – ancora nel limbo di bozze che circolano e di testi da approvare (e che, per questo, possono essere modificati da emendamenti). Dall’altro c’è una sorta di saturazione che è il frutto di cinque anni “d’oro” per il cinema italiano (anche se l’esigenza di partenza, ovvero la pandemia di coronavirus, aveva fatto intravedere scenari apocalittici). Fatto sta che il grido d’allarme che è stato lanciato da tutte le associazioni di settore (soprattutto quelle che tutelano gli interessi di sceneggiatori, scenografi, costumisti e arredatori) riguarda un sostanziale arresto delle produzioni indipendenti per il primo trimestre del 2024. Il tutto, ovviamente, in attesa delle modifiche del Tax Credit per le produzioni audiovisive che sono state rese note già il 29 luglio scorso. Modifiche che sono arrivate e che non hanno trovato grande soddisfazione nella “base” dell’industria del cinema, dal momento che sembrano avvantaggiare le grandi concentrazioni produttive (OTT stranieri compresi) e che non sembrano dare garanzie rispetto alla data dell’erogazione, da parte dello Stato, di finanziamenti e di crediti d’imposta. Questo, ovviamente, blocca gli ingranaggi del mondo del cinema – soprattutto per quelle produzioni indipendenti che non sembrano beneficiare particolarmente di questa riforma -, con la conseguenza che abbiamo evidenziato sopra. E se la prima parte del 2024 non è stata florida, figurarsi come proseguirà quest’anno.

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Non è andato bene il primo trimestre del cinema italiano

I danni arrecati dall’arresto dell’emissione del Tax credit come finanziamento automatico (e l’attesa per i successivi sviluppi della normativa che lo avrebbe successivamente regolato) sono stati molto ingenti. Quasi tutta la produzione che non aveva chiuso accordi nel 2023 si è fermata e si è fermata attendendo notizie su un Tax credit, appunto, che potrebbe cambiare letteralmente rispetto agli ultimi anni, soprattutto vista la formulazione della legge. Il Tax credit, lo ricordiamo, è nato con il Covid, come misura emergenziale. Ma poi è stato mantenuto perché ha generato un indotto ingente, diventando in qualche modo strutturale negli ultimi cinque anni. Quando si è chiuso il rubinetto dell’erogazione del credito, il cinema italiano non è stato in grado di gettare le basi per una nuova industria, nonostante la presenza di fondi significativi. Si è assistito soltanto alla messa in cantiere di un numero davvero ingente di produzioni: la stima a disposizione è che ci siano stati 328 film post Tax credit, con politiche di pianificazione del processo creativo e dello sviluppo di un’opera seriale che non hanno investito nel processo creativo stesso e nel miglioramento del processo distributivo. Quindi molta produzione è rimasta nel cassetto.

Il risultato è stato che in un Paese in cui il cinema dipende tantissimo dalla politica (e meno dal rapporto con il pubblico), quando è cambiato il segno delle decisioni istituzionali, ci si è trovati di fronte all’ennesimo bivio: da un lato, una iper produzione che è stata ereditata, dall’altra il governo Meloni che ha fatto coincidere la sua idea di Tax credit come “fondi che andavano a ingrossare registi velleitari” con questa situazione. Per questo, il 2024 è stato – fino a questo momento – un anno di attesa. E non è detto che la nuova formulazione del credito d’imposta possa apportare benefici per invertire la tendenza.

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