Siamo tutti (ma proprio tutti) precari: l’esercito dei magistrati ‘a partita Iva’

Siete convinti che quella dei magistrati sia una categoria dal punto di vista lavorativo estremamente protetta? Siete sicuri che tutti i giudici che si esprimono in sede penale o civile siano stabilizzati e percepiscano uno stipendio estremamente elevato? Allora vi sbagliate di grosso. La precarietà, infatti, dilaga anche nelle aule di tribunale. Lo dimostra il caso dei magistrati onorari, un esercito di migliaia di giudici di pace, giudici onorari di tribunale e vice procuratori onorari, in tutto più di 5mila, che svolgono le loro funzioni senza ottenere un compenso elevato e adeguate tutele, per pochi giorni di lavoro a settimana.

I magistrati onorari, lavoratori autonomi con contratto da precari

Ieri sono scesi in piazza, a Roma, in Piazza Cavour, per manifestare contro una riforma che non ha risolto il loro problema. I magistrati ordinari, sono di fatto dei lavoratori autonomi con un contratto a termine, nonostante rappresentino almeno la metà del lavoro delle procure e la totalità delle udienze monocratiche. Senza di loro rischierebbero di saltare, si stima, circa la metà dei processi civili e penali. Il Movimento 6 luglio, che ha partecipato alla manifestazione, ha ricordato che i magistrati onorari in Italia furono introdotti «come espediente per contenere il numero dei magistrati di carriera e migliorare il loro trattamento economico, come dichiararono i deputati costituenti». L’articolo 106 della Costituzione stabilisce che «le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso» e che «la legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli». Ma dai tempi della Costituente ad oggi, sostiene ancora il Movimento Sei Luglio, «le cose sono cambiate»: «i magistrati onorari, di fatto, amministrano in via esclusiva la metà della giustizia» e «non sono ‘eventuali’, come è stato affermato in una recente circolare del Ministero della Giustizia». Svolgono funzioni come un magistrato di carriera. «Devono essere – quindi – stabilizzati» con un «riconoscimento dei diritti tipici dei lavoratori e una retribuzione dignitosa».

La riforma e i richiami dell’Ue sell’abuso di rapporti a termine

La vicenda è complessa. Il governo con la riforma della magistratura ordinaria, una legge delega del 2016, e con i successivi decreti legislativi, ha dovuto superare i richiami dell’Ue, che riconosce la natura subordinata del lavoro dei magistrati ordinari, creando un magistrato a metà tra il lavoratore dipendente e quello autonomo. «Il ministro Orlando – ha attaccato in una nota il deputato di Possibile Andrea Maestri – ha scritto una riforma disastrosa, che colpisce duramente i magistrati onorari, il cui compito resta fondamentale: dati alla mano amministrano la metà dei contenziosi civili e penali. […] Per non incorrere in sanzioni da parte dell’Unione europea sull’abuso dei contratti a termine, invece di stabilizzarli in un ruolo corrispondente alle funzioni effettivamente svolte, li ha dichiarati ‘lavoratori autonomi’, mettendoli sostanzialmente a partita Iva. Una strategia in linea con il precariato diffuso dal Pd renziano».

Contattato telefonicamente Maestri ha aggiunto: «Verranno pagati 16mila euro lordi all’anno che corrispondono a 800 euro al mese, e non verranno pagati ogni mese, ma ogni tre mesi. Non avranno nessun tipo di tutela come maternità, infortunio, malattia, ferie. Saranno a loro carico assicurazione sanitaria, contributi della cassa previdenziale se sono avvocati che esercitano in un foro diverso da quello in cui svolgono funzione di magistrati onorari. Fondamentalmente viene precarizzata un’intera categoria». Quindi «avranno un incarico a termine dal Ministero della Giustizia e saranno obbligati ad avere un’altra attività lavorativa». Il loro carico di lavoro, inoltre, nei prossimi anni è destinato ad aumentare. «Con la riforma del codice di procedura penale, che ha aumentato le competenze dei giudici di pace, ci sarà un’ulteriore incremento di competenze. Arriveranno a coprire circa il 70% dei contenziosi». Anche i numeri confermano dunque che non si tratta di una funzione marginale, da tappabuchi. «Il sistema giurisdizionale garantisce l’effettività dei diritti dei cittadini e delle imprese, in un paese civile – ha concluso Maestri – farlo gestire da persone in condizioni di lavoro precarie è vergognoso».

(Foto di copertina di un’aula di tribunale da archivio Ansa)

Share this article