Qual è la posizione del Garante per la protezione dei dati personali sul tema del «diritto all’oblio»?
Come ha agito di recente il Garante della privacy sulle questioni che hanno a che fare con il «diritto all'oblio»?
03/01/2023 di Giordana Battisti
Il Garante per la protezione dei dati personali a settembre scorso aveva espresso un parere favorevole riguardo la cosiddetta “riforma Cartabia“, dal nome della ministra della Giustizia nel governo Draghi Marta Cartabia. Con “riforma Cartabia” si fa riferimento alla legge di riforma dell’ordinamento giudiziario entrata in vigore dal 21 giugno 2022. Il Garante aveva suggerito di adottare maggiori garanzie a tutela dei dati personali «degli imputati, degli indagati e di tutte le altre persone coinvolte nei procedimenti penali». Inoltre, l’Autorità aveva proposto anche di introdurre delle «più incisive tutele per le persone destinatarie di provvedimenti di archiviazione o proscioglimento». Il Garante della privacy aveva proposto di definire due nuove forme di oblio in linea con il principio costituzionale della presunzione di innocenza: «Una prima forma di oblio dovrebbe garantire la deindicizzazione preventiva dei provvedimenti giudiziari in modo da sottrarre il nome di indagati e imputati alle ricerche condotte tramite motori generalisti; una seconda forma dovrebbe intervenire, invece, nella fase successiva consentendo ai soggetti coinvolti di richiedere la sottrazione all’indicizzazione, ex post, dei propri dati contenuti nel provvedimento».
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Il caso di un articolo contenuto in un archivio online e la decisione del Garante della privacy in seguito alla richiesta di rimozione
Secondo il Garante per la protezione dei dati personali richiedere la deindicizzazione di un contenuto consente di bilanciare la libertà di informazione con il diritto all’oblio. Quello che invece non si può fare è rimuovere un articolo da un archivio online di un quotidiano.
L’anno scorso un cittadino si è rivolto al Garante per chiedergli di ordinare all’editore di un quotidiano nazionale online di cancellare i propri dati personali da un articolo pubblicato nell’archivio online, spiega la Federazione Nazionale Stampa Italiana. L’articolo riguardava una vicenda giudiziaria risalente al 1998 ma senza riportarne i successivi sviluppi e nel frattempo, infatti, l’imputazione di appropriazione indebita aggravata a carico dell’uomo era stata dichiarata estinta per prescrizione dalla Corte di Cassazione. L’uomo si era quindi rivolto al giornale in questione ma senza ottenere risposta e per questo aveva chiesto l’intervento del Garante. Il Garante ha ritenuto infondata la richiesta di cancellazione basandosi sul fatto che la data di pubblicazione e la collocazione dell’articolo all’interno dell’archivio consentivano di contestualizzare la vicenda e sul fatto che l’articolo, pur essendo presente nell’archivio, era stato già deindicizzato. Il Garante ha stabilito infatti che il documento conserva la sua utilità sociale e il suo valore storico e per questo non può essere rimosso dall’archivio. L’Autorità ha tuttavia ordinato all’editore il pagamento di una sanzione di 20 mila euro per non aver risposto all’interessato come previsto dal Regolamento per la protezione dei dati personali.