Portò fiori per il figlio morto nell’hotel Rigopiano, condannato Feniello

09/01/2019 di Redazione

ha portato dei fiori nel luogo dove ha perso la vita suo figlio, all’interno dell’area interdetta attorno all’hotel Rigopiano. E per quel gesto, di pietà, è stato condannato a una ammenda di 4 mila e 550 euro. Alessio Feniello, padre di Stefano, una delle 29 vittime della slavina del gennaio 2017, ha ricevuto la notifica del gip del tribunale di Pescara.

Come si legge nel decreto penale riportato dalla testata Il Pescara la colpa di Feniello è stata quella di «introdursi abusivamente e permanendovi nonostante ripetute diffide e inviti ad uscirne rivoltigli da appartenti alle forze dell’ordine addetti alla vigilanza del sito». L’uomo, con un post pubblicato sui social, spiega che non pagherà la sanzione ed è pronto a subire due mesi di reclusione.

Stefano Feniello,  originario di Valva, nel salernitano, era andato all’hotel Rigopiano per trascorrere il suo compleanno insieme alla sua fidanzata, Francesca Bronzi, tra i superstiti. I genitori di Stefano chiedono giustizia e responsabilità sopra la morte del giovane e delle altre 28 vittime.

RIGOPIANO IL PROCESSO: A CHE PUNTO SIAMO E LE NUOVE INDAGINI

A due anni di distanza da Rigopiano sotto finiti sotto accusa, dei 40 iniziali, 24 persone più la società Gran Sasso Resort & Spa. Per loro l’accusa è di omicidio colposo e lesioni colpose sotto forma di negligenza, imperizia e imprudenza per non aver fatto quanto potevano e dovevano per evitare la tragedia, come sgomberare per tempo l’hotel o prevederne la chiusura invernale. Il processo, agli inizi, è in corso. In questi giorni sono sotto audizione alcuni degli inquisiti.

Intanto a dicembre la Procura di Pescara ha notificato altri 7 avvisi di garanzia per il reato di frode in processo penale e depistaggio a carico del personale della Prefettura della città abruzzese, compreso l’ex prefetto Francesco Provolo. Si tratta un ulteriore nuovo filone d’indagine. Le accuse – secondo gli inquirenti – sono quelle di aver occultato il brogliaccio delle segnalazioni del 18 gennaio 2017, giorno della tragedia in cui morirono 29 persone, alla Squadra Mobile di Pescara. Lo scopo sarebbe stato quello di nascondere la chiamata di soccorso fatta alle 11.38 dal cameriere Gabriele D’Angelo al centro coordinamento soccorsi. Dopo quella chiamata D’Angelo perse la vita.

(In copertina una foto della vittima Stefano, diffusa sui social dalla pagina in suo sostegno “In ricordo di Stefano Feniello“)

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