Di Maio dice che il presidente della Cina si chiama «Ping»

05/11/2018 di Redazione

La serie di battute che si possono fare su questa ennesima gaffe di Luigi Di Maio è potenzialmente infinita. Il leader del Movimento 5 Stelle ha incontrato il presidente della Cina Xi Jinping. In tutte le dichiarazioni rilasciate e anche nei suoi post scritti sui social network, il vicepremier italiano lo chiama «Ping». Un errore imperdonabile per una persona che riveste un ruolo istituzionale come appunto fa Di Maio.

Il presidente della Cina si chiama Xi Jinping, ma per Di Maio è Ping

Il leader del Movimento 5 Stelle si è recato al grande Expo delle importazioni di Shanghai, dove ha avuto modo di assistere al discorso del leader cinese. Di Maio, per una prima volta, lo ha chiamato ‘Ping’ dal palco del Forum su Commercio e innovazione, davanti a una serie di personalità internazionali del mondo della tecnologia e dell’innovazione. Poi, evidentemente convinto di quello che stava dicendo, Luigi Di Maio ha ripetuto la sua gaffe in conferenza stampa, rispondendo a un cronista locale: «L’impressione sul discorso del presidente Ping… è sicuramente un discorso di apertura ai mercati».

In più, l’errore si estende anche al suo staff – che, come abbiamo potuto vedere nei giorni scorsi, guadagna stipendi da migliaia di euro all’anno – che ha pubblicato sui social network del vicepremier il suo discorso per intero, riportando proprio il nome ‘Ping’ al suo interno.

Ping, la gaffe anche sui social network

Ping

Per capire la portata della gaffe, bisogna fare un paragone con l’italiano. Xi è il «cognome» con cui comunemente viene indicato il presidente cinese nelle occasioni formali. Il nome proprio è Jinping che Di Maio ha deliberatamente deciso di abbreviare in ‘Ping’. Un po’ come gli è capitato la scorsa settimana a Nemo con Enrico Lucci che continuava a chiamarlo Giggino. In quella circostanza Di Maio aveva risposto piccato: «Giggino a soreta».

Chiamare Ping il presidente cinese equivale a fare la stessa cosa che ha fatto Enrico Lucci. Solo che, stavolta, non siamo di fronte a una battuta comica. Ping, come se fosse un trillo sul cellulare o il primo colpo di una partita di ping pong. Le battute si sprecano. Le gaffe, queste gaffe, non si possono perdonare.

ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO

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