La battaglia della Picierno contro Libero: «Zero fondi pubblici a chi usa linguaggi sessisti»

La petizione su Change.org per cambiare la legge

24/12/2020 di Gianmichele Laino

Individuare un principio generale per colpire un target ben preciso. In questo modo, Pina Picierno contro Libero ha trovato un modo per portare avanti una battaglia in merito alla tipologia di linguaggio utilizzato dal quotidiano diretto da Pietro Senaldi e il cui editorialista di riferimento è Vittorio Feltri. Ha lanciato infatti una petizione su Change.org – scegliendo, tra l’altro, proprio la vigilia di Natale per farlo – in base alla quale si chiede una modifica al Decreto Legislativo n. 70 del 15 maggio 2017 che disciplina l’accesso ai fondi pubblici per l’editoria.

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Picierno contro Libero, i contenuti della petizione

Pina Picierno fa riferimento al linguaggio utilizzato da Vittorio Feltri per descrivere la vittima del caso di Alberto Genovese, proprio in occasione del 24 novembre, giornata internazionale dedicata al contrasto alla violenza contro le donne. E sottolinea come una situazione del genere, nel panorama dell’informazione italiana, sia inaccettabile.

Per questo, ha deciso di lanciare una petizione su Change.org (la Picierno, lo si ricorda, è stata eletta al parlamento europeo, ma in questo caso si appella ai suoi colleghi eletti alla Camera e al Senato che potrebbero avere competenze in questa materia). La richiesta è ben precisa:

«Chiediamo di modificare il Decreto Legislativo n. 70 del 15 maggio 2017 che disciplina i requisiti di accesso per il contributo pubblico all’editoria, stabilendo che i giornali e gli altri mezzi di comunicazione che usano quotidianamente e senza ritegno un linguaggio misogino, sessista, discriminatorio e di incitamento all’odio non possano accedere ai fondi pubblici per l’editoria».

La petizione è stata firmata anche da altri parlamentari, politici e associazioni a vario titolo e ha come obiettivo il raggiungimento delle 7500 firme (prima soglia di attenzione, che sarà raggiunta a breve, vista la risposta che c’è stata nelle prime ore dopo il lancio della petizione su Change.org). Insomma, quello della Picierno è l’ennesimo appello nei confronti della politica affinché si possa interessare della narrazione della violenza contro le donne da parte dei media italiani. Si ricorda che Libero, in virtù del decreto legislativo citato nella petizione, ha accesso – così come altre testate italiane – a contributi pubblici diretti.

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