La Procura di Caltanissetta spiega i motivi della perquisizione nella redazione di Report

La nota firmata da Salvatore De Luca dopo l'intervento della DIA in seguito all'inchiesta andata in onda lunedì sera sul presunto coinvolgimento di Stefano Delle Chiaie nella Strage di Capaci che uccise il giudice Falcone

24/05/2022 di Enzo Boldi

Un intervento per «verificare la genuinità delle fonti». Poche ore dopo l’inizio delle perquisizioni nella redazione di Report e nell’abitazione dell’inviato Paolo Mondani, la Procura di Caltanissetta (che ha dato il mandato al Direzione Investigativa Antimafia) ha rotto il silenzio dopo quanto accaduto questa mattina, all’indomani della messa in onda – su RaiTre – dell’inchiesta realizzata dalla trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci sui presunti legali tra l’estremista di destra Stefano Delle Chiaie e Cosa Nostra per l’attentato del 23 maggio del 1992 che provocò la morte di Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e di tre membri della scorta sull’Autostrada A29, all’altezza di Capaci.

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Del lungo servizio di approfondimento mandato in onda sul terzo canale della televisione pubblica abbiamo già parlato. Diventa, però, molto interessante capire quali siano le motivazioni – ufficiali – fornite dalla Procura di Caltanissetta che ha dato mandato alla DIA. Nello specifico, la nota firmata dal Procuratore Capo  Salvatore De Luca, ha riferimento a una verifica sulla bontà delle fonti citate dall’inviato di Report – Paolo Mondani (che non è indagato, così come nessun altro componente della redazione del programma di RaiTre) – e che hanno portato ai commenti dell’ex compagna del pentito Alberto Lo Cicero e dell’ex brigadiere dei Carabinieri (in congedo) Walter Giustini.

Perquisizioni Report, le motivazioni della Procura di Caltanissetta

Riportiamo, di seguito, l’intero comunicato diffuso dalla Procura di Caltanissetta sulle perquisizioni Report di questa mattina.

«Nell’ambito della trasmissione televisiva Report, andata in onda in data 23.5.2022, sono state inserite le interviste al Luogotenente dei Carabinieri in congedo Walter Giustini ed alla signora Maria Romeo, dalle quali è emerso complessivamente che, nel corso delle indagini condotte nel 1992 dai Carabinieri del Gruppo 1 – Palermo, coordinate dalla Procura di Palermo, sono state fornite da parte di Alberto Lo Cicero, prima quale confidente e poi quale collaboratore di giustizia, preziose informazioni circa la preparazione della strage di Capaci (quindi prima del tragico evento), nonché circa la funzione svolta da Biondino Salvatore quale autista del latitante Salvatore Riina, molti mesi prima che lo stesso venisse catturato in compagnia dello stesso Biondino. 
Tali dichiarazioni sono totalmente smentite dagli atti acquisiti da questa Procura sia presso gli archivi dei Carabinieri, sia nell’ambito del relativo procedimento penale della Procura di Palermo. Il riscontro negativo emerge dalle trascrizioni delle intercettazioni ambientali fatte nei confronti del Lo Cicero, prima della sua collaborazione, nonché da tutti i verbali di sommarie informazioni e di interrogatorio dallo stesso resi prima dei su indicati eventi.
In particolare, nel corso delle sommarie informazioni in data 25 agosto 1992, il Lo Cicero dichiara di aver riscontrato delle anomalie nel comportamento di alcuni uomini d’onore poco prima della strage di Capaci, pensando però che volessero organizzare qualcosa per ucciderlo (il Lo Cicero era già stato vittima di un tentato omicidio nel dicembre del 1992), concludendo “mai avrei pensato quello che poi è avvenuto” (e cioè la suindicata strage).
La perquisizione non riguarda in alcun modo l’attività di informazione svolta dal giornalista, benché la stessa sia presumibilmente susseguente ad una macroscopica fuga di notizie, riguardante gli atti posti in essere da altro ufficio giudiziario. Infatti, secondo quanto accertato da questo Ufficio, in una occasione, il detto giornalista avrebbe incontrato il su indicato Luogotenente in congedo Giustini, non per richiedergli informazioni, ma per fargli consultare la documentazione in possesso di esso giornalista in modo che lo stesso Giustini fosse preparato per le imminenti sommarie informazioni da rendere a questa Procura. È necessario verificare la natura di tale documentazione posta in lettura al Giustini, che presumibilmente costituisce corpo del reato di rivelazione di segreto d’ufficio relativo alla menzionata attività di altra autorità requirente. Tale accertamento è tanto più rilevante in considerazione dell’importanza che Giustini attribuisce a tale documentazione, nonché a seguito delle contraddittorie versioni fornite da quest’ultimo in materia di comunicazione nel 1992 delle informazioni da parte dell’Arma all’Autorità Giudiziaria di Palermo».

Le perquisizioni Report, secondo la Procura di Caltanissetta, vanno dunque lette in questa direzione. Il giornalista e inviato Paolo Mondani non è indagato, ma l’intervento della DIA è atto alla verifica della veridicità delle fonti citate e che hanno dato vita a quella serie di interviste in cui parrebbe evidente (anche se le vicissitudini giudiziarie e le testimonianza del passato avevano già smentito questa pista) un ruolo attivo del fondatore e leader di Avanguardia Nazionale – il defunto estremista di destra Stefano Delle Chiaie – nella Strage di Capaci.

Si poteva arrestare Riina prima della strage di Capaci?

E nel comunicato della Procura si spiega anche un altro aspetto che ha portato a questa serie di perquisizioni. Nell’inchiesta di Report, infatti, vengono citati pensieri e parole del pentito (anch’egli morto) Lo Cicero. Dichiarazioni che spiegavano come Totò Riina potesse essere fermato prima di quel 23 maggio del 1992. Prima della Strage di Capaci e di quella di via d’Amelio che uccisero i giudici anti-mafia Falcone e Borsellino (il 19 luglio dello stesso anno).

«Non compete a questo Ufficio esprimere valutazioni generali in ordine alla completezza e tempestività delle indagini coordinate da altra autorità giudiziaria a meno che le stesse non abbiano una rilevanza penale in un procedimento di sua competenza; qui si intende solamente affermare che sono del tutto destituite di fondamento le affermazioni circa la sussistenza di specifiche e tempestive dichiarazioni rese dal Lo Cicero sugli argomenti sopra indicati e, quindi, che sarebbe stato possibile evitare la strage di Capaci ed anticipare di alcuni mesi la cattura di Salvatore Riina. Questa Procura ha già espresso il proprio convincimento circa la sussistenza di mandanti e concorrenti esterni nella strage di via D’Amelio, chiedendo nel processo per il c.d. depistaggio la condanna degli imputati con la contestata aggravante di mafia, riguardante la finalità di coprire le alleanze di alto livello di cosa nostra in quel periodo. Tuttavia, le difficilissime indagini che possono consentire l’accertamento della verità devono essere ancorate ad elementi di fatto solidi e riscontrati. Per tali motivi questo Ufficio, che si era imposta la rigorosa consegna del silenzio, è costretto ad intervenire per smentire notizie che possano causare disorientamento nella pubblica opinione e profonda ulteriore amarezza nei prossimi congiunti delle vittime delle stragi, che si verrebbe a sommare al tremendo dolore sofferto».

Secondo la Procura, dunque, quanto mandato in onda lunedì 23 maggio da Report – in occasione del 30esimo anniversario della morte di Giovanni Falcone – si basa su elementi che furono già smentiti nel corso delle indagini. E le perquisizioni serviranno per verificare le fonti utilizzate dall’inviato.

(Foto/IPP/Gioia Botteghi)

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