Perché i pastori sardi sono sul piede di guerra

Quarto giorno di proteste e un’intera regione in stato di agitazione. Non accenna a placarsi la protesta dei pastori sardi che si dicono ora pronti a bloccare le elezioni regionali che si svolgeranno fra appena due settimane, con modalità e azioni  dimostrative che ricordano, per molti versi, i famosi “gilet gialli” d’oltralpe, più volte al centro dell’attenzione mediatica di questi giorni. Dal blocco delle principali arterie di trasporto allo sversamento, per protesta, di grandi quantità di latte, fino alla distribuzione gratuita dello stesso ai cittadini, la rabbia degli allevatori ha ormai varcato i confini dell’isola e ha raggiunto ormai una rilevanza nazionale. Qualche giorno fa è arrivata anche la solidarietà dei calciatori del Cagliari, mentre fioccano le dichiarazioni di politici sempre più allarmati dalle dimensioni che la protesta potrebbe assumere.

Per cosa protestano i pastori?

Il motivo più evidente è il crollo del prezzo del latte che mette a rischio l’intera filiera produttiva e una grande quantità di piccoli e medi allevatori. Il prezzo, con il quale i pastori sono costretti a vendere il latte agli industriali, è infatti crollato dagli 85 centesimi al litro dell’anno scorso, agli appena 60 centesimi di quest’anno, una dinamica che per molti è ormai insostenibile.  I vertici di Coldiretti Sardegna hanno accusato gli industriali di fare ‘cartello’ ai danni dei pastori. Eppure il 60% del Latte ovino (circa 3 milioni di litri l’anno) prodotto in Sardegna viene trasformato dalle cooperative, di cui molti allevatori sono soci. In tutto, caseifici industriali compresi, sono una cinquantina i punti di trasformazione attivi nell’isola, dove pascolano circa 2,6 milioni di pecore, il 40% di quelle allevate in Italia.

Il latte dei pastori e il pecorino romano

Il nodo della vicenda sembra invece portare verso dinamiche lontane dall’isola. Malgrado si chiami “Pecorino romano“, il 97% di questo formaggio viene tuttora prodotto in Sardegna; con il consorzio si trova addirittura a Macomer in provincia di Nuoro. Va da sé che gran parte del latte dei pastori è utilizzato per la produzione di questo formaggio. Per alcuni anni il pecorino romano, utilizzato anche per la creazione di cibi industriali e formaggi venduti soprattutto all’estero ha visto salire il prezzo di vendita. Una vera e propria bolla, alla quale è seguita una concorrenza spietata e, successivamente, un crollo verticale del prezzo che ha messo in ginocchio gran parte della filiera produttiva. Al drammatico calo del mercato interno è seguita, nel corso del 2018 , una drammatica flessione delle esportazioni che hanno fatto segnare un calo del 33%, con punte rilevanti per quanto riguarda quelle dirette verso il Nord America, dove si registra una flessione addirittura del 44%.

Mettendo in relazione questi dati con l’aumento della produzione di latte (+10, 15%) e di pecorino (+24%), si intuiscono i motivi di una crisi che rischia di mettere in ginocchio l’economia di un’intera regione. La modalità ricorda le crisi cicliche che hanno colpito altri comparti agroalimentari in passato, chiamati a competere in dinamiche di mercato ormai globali e spesso difficilmente gestibili dai singoli piccoli imprenditori o artigiani.

Le reazioni politiche

L’agitazione che ha scosso immediatamente il mondo della politica con i partiti di maggioranza preoccupati dalle dimensioni e dalle conseguenze che la protesta potrebbe assumere. «Da giorni i pastori sardi sono scesi in strada e stanno protestando contro i prezzi del latte. La loro protesta e le loro istanze non possono rimanere inascoltate. Occorre comprendere subito le loro ragioni» scrive dal suo profilo Facebook il premier Giuseppe Conte che annuncia che presto sarà a Cagliari.

«La protesta dei pastori sardi? Sono pienamente d’accordo con loro. Non possiamo pensare che i pastori vengano pagati così poco» ha dichiarato il ministro delle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio a cui ha fatto eco la reazione di Matteo Salvini che, a pari di Conte, paventa una sua presenza in Sardegna a breve e a lancia l’immancabile stoccata verso il PD: «Sto seguendo la legittima protesta dei pastori sardi. Dove governa il Pd l’autonomia non e’ applicata e dovra’ intervenire lo Stato. Personalmente sono assolutamente pronto a prendere il primo aereo da ministro dell’Interno per garantire l’ordine pubblico e il fatto che non ci siano eccessivi disagi per i sardi».

L’impressione è che l’agitazione metta in serio imbarazzo il cosiddetto “Governo del cambiamento” sempre pronto ad allinearsi ai cosidetti  umori popolari e la protesta, portata avanti con modalità da gilet gialli (tanto ammirati e compresi al di fuori dei nostri confini), potrebbe costituire un serio intoppo per forze sempre più proiettate verso la sfida elettorale europea di maggio.

(Credits immagine di protesta: ANSA/FABIO MURRU)

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