Non solo Di Maio, ora anche il Pd che non vuole le elezioni parla di elezioni
27/04/2018 di Redazione
Se non c’è l’accordo Pd-M5S si torna al voto. In queste ore non è solo il leader del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio, insieme agli altri esponenti pentastellati, a ribadire quanto la strada di un governo di larghe intese, un governo del presidente, sia ora difficilmente percorribile. Dopo il secondo giro di consultazioni del presidente della Camera Roberto Fico anche tra i Dem è maturata l’idea che in assenza di dialogo costruttivo tra i due partiti l’unica soluzione sia quella delle elezioni anticipate. A dirlo non sono solo i renziani, che intendono evitare una trattativa con il M5S, ma anche i cosiddetti governisti, coloro che un tavolo preferirebbero aprirlo.
Le voci dal Pd: «Senza dialogo con il M5S siamo pronti al voto»
È il caso del ministro della Giustizia Andrea Orlando, che in un colloquio con il Secolo XIX dice precisa oggi che il confronto con i 5 Stelle è «non a prescindere», ma «se la direzione Pd dovesse valutare non percorribile quel percorso, al secondo punto dovremo inserire la questione su come ci avviamo al confronto elettorale». Insomma: o si va al dialogo o ci si deve preparare ad un nuovo voto. «Non dobbiamo avere paura di andare al voto», sono invece le parole di Andrea Romano, deputato e direttore di Democratica, riportate dal Foglio. «È chiaro – dice il parlamentare – che questa eventualità sarebbe anzitutto il risultato del fallimento dei presunti vincitori, 5 Stelle e Lega. Insomma, non chiediamo il voto ma non ne abbiamo paura».
L’ipotesi elezioni anticipate non è irrealistica
L’ipotesi di nuove elezioni, rispetto a qualche settimana fa, è più concreta anche secondo i quirinalisti dei principali quotidiano. Marzio Breda sul Corriere della Sera ad esempio spiega che il capo dello Stato Sergio Mattarella sta esaurendo le soluzioni a sua disposizione e in caso di fallimento della trattativa potrebbe rassegnarsi a sciogliere le Camere, visto che un governo del presidente è un’opzione ampiamente bocciata. Sia Lega che M5S si sono più volte detti, chiaramente, indisponibili a sostenerlo. Il minimo che il presidente della Repubblica potrebbe fare per evitare una crisi di sistema è far procedere il governo dimissionario guidato da Paolo Gentiloni. L’esecutivo resterebbe in carica per gli affari correnti mentre Camera e Senato lavorerebbero per approvare una nuova legge elettorale in pochi mesi. Si tratta di una soluzione giuridicamente possibile. In alternativa si tornerebbe al voto con le norme in vigore, con il Rosatellum che però difficilmente può generare larghe maggioranze parlamentari.
(Foto: ANSA / ALESSANDRO DI MEO)