Cosa non ha funzionato nel parental control degli operatori telefonici finora?

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Una legge da rispettare c'è già dal 2020 ma, come è stato possibile verificare, gli operatori non si sono messi nelle condizioni di fornire un parental control che rispettasse tutte le indicazioni

Perché il parental control delle società di telefonia non ha funzionato fino ad oggi? Andiamo con ordine. Nel monografico di oggi stiamo approfondendo – a venti giorni dal momento in cui le linee guida di AgCom entreranno in vigore – l’obbligo del blocco automatico a otto tipologie di contenuti e siti per tutte le sim che sono intestate a minori. Nel mirino ci sono, tra le altre cose, gioco d’azzardo, pornografia e sette.



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Il parental control doveva essere garantito già dal 2020

L’operato delle società di telefonia – che già dal 2020 avrebbero dovuto garantire servizi di parental control efficaci e gratuiti – non è stato sufficiente, quindi è arrivato l’intervento del Garante per bloccare in automatico l’accesso a otto tipologie di contenuto dai dispositivi che montano una sim intestata ad adolescenti minorenni.



Dal 21 novembre 2023, infatti, a tutti gli adolescenti che hanno un’utenza attivata a proprio nome dovrebbe essere impedito l’accesso – come disposto nella delibera di AgCom – a: contenuti per adulti, siti di gioco d’azzardo e scommesse, contenuti relativi ad armi e violenza, odio e discriminazione, promozione di pratiche che possono danneggiare la salute alla luce di consolidate conoscenze mediche, sette e tutti quei siti che forniscono strumenti e modalità per rendere l’attività online irrintracciabile.

Perché l’azione degli operatori telefonici non è stata sufficiente?

Nell’arco di questi tre anni si sono potuti osservare problemi principalmente su due fronti: il Garante, analizzando la situazione, ha potuto constatare che alcune società di telefonia non hanno garantito un parental control adeguato oppure lo hanno garantito, ma solo a pagamento andando a violare – di fatti – le norme del 2020.



Si parla, in particolare, dell’articolo 7-bis del Decreto legge 28/2020 che ha introdotto l’obbligo, per gli operatori, di implementare «sistemi di controllo parentale» e – in particolare – un «filtro di contenuti inappropriati per i minori e di blocco di contenuti riservati ad un pubblico di età superiore agli anni diciotto». I sistemi avrebbero dovuto essere preattivati sulle linee qualora i contratto fosse stato intestato a minori; gratuiti; disattivabili solo in seguito alla richiesta del consumatore.

Dopo la legge, l’AgCom ha avviato una consultazione pubblica sul tema che ha viso la partecipazione di operatori e associazioni. Entrambi hanno avuto la possibilità di proporre soluzioni tecniche e di dire la loro sulla tipologia di contenuti da bloccare. L’altro fronte rispetto al quale sono stati individuati problemi è quello relativo alla necessità – per alcune tipologie di parental control offerte – di ricordarsi di attivare un blocco che altrimenti non sarebbe scattato.

Andando a vedere il parental control offerto dai vari operatori telefonici finora è facile vedere come non ci sia uno standard univoco seguito da tutto: prezzi, limiti, modalità cambiano a seconda di chi le offre. Tutto questo, a partire dal 21 novembre, dovrà cambiare e alcuni operatori hanno già iniziato a comunicare in che modo provvederanno.