Panama Papers, cosa c’è da sapere per punti
04/04/2016 di Redazione
Panama Papers è il nome dato a milioni di documenti riservati su società e conti segreti nei paradisi fiscali resi noti in queste ore, trapelati dallo studio legale panamense Mossack Fonseca. I Panama Papers tirano in ballo personaggi famosi di tutto il mondo, compresi politici, capi di Stato, imprenditori, personaggi del mondo dello spettacolo e dello sport. Si tratta probabilmente della più grande fuga di documenti mai conosciuta.
PANAMA PAPERS, IL MOSSACK FONSECA
La rivelazione dei dati riguarda la Mossack Fonseca & Co., una delle più grandi società al mondo per la gestione di conti offshore. Si tratta precisamente di un super studio legale: un gruppo di aziende con sede a Panama e studi legali distribuiti in ogni continente che offrono servizi giuridizi, servizi fiduciari e consulenze per gli investimenti. Secondo il sito della Mossack Fonseca lavorano complessivamente per la società circa 600 persone in 42 località (da Miami, a Hong Kong, a Zurigo). Il gruppo opera nella gestione del tesoro dei potenti in paradisi fiscali come Svizzera, Cipro, Isole Vergini Britanniche, ha operato finora per oltre 300mila aziende, ed ha un legame forte con il Regno Unito.
Lo studio legale Mossack Fonseca fu fondato nel 1977 da due avvocati, Juergen Mossack e Ramon Fonseca Mora. Il primo dei due è un panamense di origine tedesca, figlio di un ex ufficiale delle Waffen-SS. Mora è invece panamense, e da sempre vicino agli ambienti politici, anche sotto la dittatura. È vicepresidente del Partito panamista, il partito nazionalista giunto al potere nel 2014 e legato all’attuale capo di Stato Juan Carlos Varela. Negli anni il Mossack Fonseca ha esteso il suo dominio, acquisendo una tale influenza che Ramon Fonseca Mora è stato nominato consigliere del presidente della Repubblica ed assiste ai consigli dei ministri. L’11 marzo però l’avvocato è stato raggiunto dallo scandalo Petrobras ed è ora sospettato dalla giustizia brasiliana di aver aiutato a nascondere delle ricchezze. In seguito a questa vicenda giudiziaria, si è dimesso dal suo incarico alla presidenza.
PANAMA PAPERS, I DOCUMENTI
La fuga di documenti Panama Papers è più grande di quella avvenuta nel 2010 con WikiLeaks. E la mole di dati diffusi è maggiore anche di quella rivelata dall’informatore della Nsa Edward Snowden nel 2013. I documenti sono circa 11,5 milioni. Le informazioni rubate dalla banca dati di Mossack Fonseca occupano una memoria di 2,6 terabyte. Nei Panama Papers ci sono sia il dettaglio sulle società create e gestite nei paradisi fiscali che la corrispondenza. Sarebbero precisamente 214mila le entità offshore in più di 200 paesi coinvolte. A quanto emerge più di 500 banche e loro filiali avrebbero crato oltre 15mila società offshore per i loro clienti attraverso Mossack Fonseca.
PANAMA PAPERS, L’INCHIESTA GIORNALISTICA
I Panama Papers sono stati inizialmente ottenuti dal quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung e sono stati successivamente messi a disposizione del del Consorzio Internazionale dei Giornalisti Investigativi, l’Icij, International Consortium of Investigative Journalists. All’inchiesta, durata un anno, ha lavorato un pool di circa 190 giornalisti (provenienti da almeno 65 paesi). Il Consorzio Internazionale dei Giornalisti Investigativi è una rete fondata nel 1997 con l’obiettivo di smascherare la corruzione e i crimini transnazionali, e i loro responsabili, composta anche da specialisti, esperti informatici, legali, fact checker, che assistono i reporter nelle loro indagini complesse.
PANAMA PAPERS, I NOMI DI POTENTI E VIP COINVOLTI
Coinvolti nella rete di società offshore segrete sarebbero centinaia di politici e capi o ex capi di Stato (circa 140 i politici mondiali e le persone a loro vicine, tra cui 12 leader nazionali). Quello di Putin, al quale sarebbero legate transazioni per un valore di circa 2 miliardi di dollari (il Mossack Fonseca avrebbe costituito società di comodo per il suo entourage), è certamente il nome più noto emerso nei Panama Papers. Insieme a lui spuntano nelle carte anche l’ex leader libico Muhammar Gheddafi, il presidente dell’Uefa Michel Platini, il presidente cinese Xi Jinping, il padre del primo ministro britannico David Cameron (Ian Cameron, che presso Mossack Fonseca nel 2010 avrebbe registrato il suo fondo di investimento), Jackie Chan (attore e regista di Hong Kong), la Mega Star Enterprises (società panamense collegabile al calciatore del Barcellona Leo Messi), Petro Poroshenko (presidente della Repubblica Ucraina che nel 2014, in pieno scontro con la Russia, avrebbe registrato una società di comodo nelle Isole Vergini inglesi), il presidente argentino Mauricio Macri, il premier islandese Sigmundur Davio Gunnlaugsson, il premier pakistano Nawaz Sharif, l’ex premier ad interim dell’Iraq Ayad Allawi, il figlio dell’ex presidente egiziano Hosni Mubarak (Alaa Mubarak), un membro del Comitato etico della Fifa (Juan Pedro Damiani), un cugino del presidente siriano Bashar al Assad. L’elenco dei potenti coinvolti nell’inchiesta giornalistica comprende almeno 33 persone o aziende presenti nella lista nera del governo americano per i loro legami con il traffico di droga e il commercio di armi, o nazioni canaglia come l’Iran e la Corea del Nord.
Tra i leader istituzionali maggiormente colpiti dallo scandalo ci sono sicuramente quelli russi. Nei Panama Papers spunta infatti la moglie del portavoce di Putin Dmitri Peskov, Tatiana Navka, il figlio del ministro per lo Sviluppo Economico Alexei Ulyukayev, l’ex moglie del vice sindaco di Mosca Maxim Liksutov, il nipote del segretario del Consiglio di Sicurezza Nikolai Patrushev, il figlio del vice ministro dell’Interno Igor Zubov, nonché governatori e deputati.
Per quanto riguarda i personaggi dello sport, invece, nei file ci sarebbero i nomi di almeno una ventina di grandi calciatori del passato e del presente appartenenti a top club del calibro di Barcellona, Manchester United e Real Madrid. Fra i nomi, oltre a quello di Leo Messi, ci sarebbe anche quello dell’ex interista Ivan Zamorano. E nei file spunterebbero anche i nomi di proprietari attuali o del passato di almeno 20 grandi club di calcio, fra cui Inter, Boca Juniors e Real Sociedad.
PANAMA PAPERS, I NOMI DEGLI ITALIANI COINVOLTI
Nei Panama papers sarebbero un milgiaio, almeno 800, i nomi di cittadini italiani. Sono stati subito diffusi i nomi di Luca Cordero di Montezemolo, dell’ex pilota di Formula Uno Jarno Trulli e dell’imprenditore Giuseppe Donaldo Nicosia, oggi latitante, in passato socio dell’ex senatore Marcello dell’Utri. Tra gli italiani insieme a Montezemolo, Trulli e Nicosia, ci sarebbero imprenditori, professionisti, volti noti dello spettacolo, ma anche molti personaggi sconosciuti alle cronache approdati nel paradiso fiscale per mettere al sicuro il patrimonio di famiglia. Nelle carte spuntano poi i nomi di due grandi banche del nostro paese, Ubi e Unicredit. E spuntano anche particolari inediti su vicende giudiziarie, come il caso dell’eredità di Nino Rovelli, morto nel 1990, red ella chimica negli anni ’70, quando fu proprietario del gruppo Sir (Società Italiana Resine). Oscar Rovelli, uno degli eredi, è socio di una società con sede alle Sychelles. Anche Trulli risulta essere socio di una società registrata alle Sychelles creata con l’assistenza dei legali del Mossack Fonseca.
PANAMA PAPERS, LO SCANDALO
Lo scandalo non nasce da specifiche responsabilità penali di personaggi influenti che hanno creato società o trasferito capitali nei paradisi fiscali (non sempre controllare una società offshore costituisce reato), ma dall’aver nascosto al paese in cui si vive e si lavora le risorse finanziarie. Le attività all’estero infatti spesso sono intraprese al solo scopo di nascondere capitali provento di evasione fiscale o di attività illecite. In molti i Paesi ci si chiede ora come capi di Stato, politici, imprenditori e persone a loro legate giustificheranno la loro scelta.
PANAMA PAPERS, LE POLEMICHE
Polemiche per lo scoop si sono sollevate soprattutto in Russia, paese con presidente e molti governatori e deputati citati nei documenti della Mossack Fonseca. La diffusione dei documenti viene percepita a Mosca come un attacco al paese. «L’attacco di ieri non ha avuto effetto e la Russia continua a vivere e a lavorare e il mondo, come prima, lega al nostro presidente e al nostro paese le speranze al diritto e alla sicurezza», ha affermato, come riportato dalla Tass, Irina Yarovaya, capo della Commissione per la sicurezza e la lotta alla corruzione della Duma. Gli autori di queste inchieste, ha affermato invece il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, «inventano ciò che scrivono», siamo dispiaciuti dalla qualità delle indagini «sui presunti legami» del circolo del presidente e tutto queste montature si spiegano con l’alto livello di ‘putinofobia’ raggiunto fuori dalla Russia. Secondo Peskov non c’è dubbio che, sebbene altri leader mondiali siano stati coinvolti nello scoop, il «vero obiettivo» era Putin.
«La prossima volta che vi chiederete perché introdurre il sistema di pedaggio Platon e chi può trarne giovamento potrete rispondere con sicurezza: Putin», ha dichiarato invece il blogger e dissidente Alexei Navalni. Navalni, capo del Fondo anti corruzione, ha anche annunciato che a breve ci saranno «iniziative legali formali» per dar seguito a livello giudiziario allo scoop.
Intanto, il presidente francese Francois Hollande, ha promesso l’apertura di «inchieste» fiscali e di «procedimenti giudiziari». Hollande parla di «buona notizia», in quanto tutto questo scandalo «consentirà di aumentare gli introiti fiscali».
(Foto di copertina da archivio Ansa. Credit: EPA / MAXIM SHEMETOV / POOL)