Gli insulti su Instagram all’assistente di Anastasio omonima di Silvia Romano

Si chiama Silvia Romano. Ed è l’assistente di Anastasio. Dal 10 maggio, il giorno della liberazione della sua omonima che era stata rapita 18 mesi fa in Kenya, riceve messaggi di ogni tipo sui suoi profili Twitter, Instagram, Facebook. Da quelli innocui che gioiscono per la «sua» liberazione, fino agli insulti più beceri, simili ai tanti che stanno animando il dibattito pubblico sui social network a proposito della Silvia Romano 24enne, volontaria in Kenya, rientrata in Italia in seguito alla liberazione da parte dell’Aise.

LEGGI ANCHE > Dopo gli insulti a Silvia Romano, la procura apre un’indagine

Omonima Silvia Romano insultata su Instagram

«Dunque io mi chiamo Silvia Romano – ha scritto su Twitter -. Ieri il mio profilo IG è esploso con tanto di messaggi “libera” sotto i miei selfie di qualche settimana fa. Le mie storie che di solito hanno 900 views, oggi ne hanno 6500».

La vicenda dell’omonima di Silvia Romano – che sui social ha il nickname di @itssil – è stata oggetto di approfondimenti sia da parte di Striscia la Notizia, sia della testata Rolling Stone. Successivamente, è stato lo stesso rapper Anastasio, vincitore di X Factor, a fare chiarezza su quello che stava succedendo alla sua assistente:

Il rapper, che ha trascorso due mesi di quarantena con la propria assistente, ha invitato i suoi followers ad abbandonare il profilo Instagram dell’omonima di Silvia Romano, che negli ultimi giorni aveva ricevuto una vera e propria impennata nelle visualizzazioni e nelle interazioni. Nella maggior parte dei casi sgradite e moleste. Ovviamente, c’è stato spazio anche per un messaggio di incoraggiamento nei confronti della ‘vera’ Silvia Romano e di supporto per la sua vicenda e per quello che le sta accadendo, anche al rientro dai 18 mesi di prigionia.

In ogni caso, oltre all’omonimia, non sembra esserci davvero nulla che riconduca l’assistente di Anastasio a Silvia Romano dal punto di vista fisico: una somiglianza, abitudini in comune, il percorso professionale. Praticamente, le persone utilizzano i social network senza consapevolezza – e questa è l’ennesima riprova di questa teoria -, non fanno collegamenti, credono alla prima cosa che vedono. Insomma, analfabetismo funzionale allo stato puro.

Share this article