Non è un paese per giovani: lo dicono anche i dati Istat sull’occupazione

L’ultima tegola per i giovani, e le categorie più produttive del Paese viene dai dati Istat su base mensile che stamattina campeggiavano in apertura sui siti di news italiani. I dati sul lavoro, secondo l’istituto nazionale di Statistica fanno segnare un record: ad agosto la disoccupazione è calata al 9,5%, è il dato migliore dal 2011, anno che segna l’inizio della Grande Crisi anche per il Belpaese. Ma non è tutto ora, quello che luccica, soprattutto per i giovani e per i professionisti.

Il paradosso occupazionale: aumenta su base mensile la disoccupazione dei più giovani

Sì, perché guardando bene ai dati ci si accorge che l’occupazione rispetto al mese precedente (luglio) aumenta solo per gli ultracinquantenni (+34 mila) mentre cala nelle altre classi d’età. Per quanto riguarda la disoccupazione giovanile (parliamo dei giovani tra 15 e i 24 anni) gli occupati calano di ben 23mila unità, mentre aumentano poderosamente gli inattivi (+59mila). Ma le cose non vanno meglio nemmeno per i giovani lavoratori: tra i 25 e i 34 anni gli occupati calano di 2mila unità, tra i 34 e i 49 di 28 mila. In tutti i casi aumentano gli inattivi, parliamo di quelle persone che hanno rinunciato a cercare attivamente un’occupazione.

E la crescita di occupazione non è comunque uniforme: rispetto al mese precedente , tornano a crescere i dipendenti, sia permanenti sia a termine (+32 mila nel complesso); diminuiscono invece gli indipendenti (-33 mila), ovvero i professionisti e i piccoli imprenditori. E se i dati sull’occupazione sembrano certificare un netto miglioramento del trend occupazionale, ma vanno sempre letti con lenti attente.  La parola chiave è infatti “inattivi”.  Il  calo dei disoccupati fa infatti tandem con l’aumento esponenziale degli inattivi (+73mila). Una cifra considerevole, soprattutto considerando che dietro quel dato esiste una schiera di persone che ha rinunciato a ogni speranza di trovare un lavoro. E il tasso di disoccupazione giovanile rimane il più alto: nella fascia compresa tra i 15 e 24 anni è del 27,1% . Numeri ancora altissimi se si guarda al resto d’Europa, incoraggianti se si guarda al 2010: è infatti il minimo dall’inizio della Crisi. A voi se guardare il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.

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