Un’opportunità troppo grande per non coglierla, ovviamente. Considerato quello che sembrerebbe emergere dall’inchiesta Fact Check Files di Facebook operata da Sky News Australia – dove il dibattito politico attorno al prossimo referendum sui diritti degli aborigeni da inserire nella Costituzione è molto acceso -, Elon Musk ha rilanciato immediatamente il lavoro giornalistico affermando che «Facebook sta manipolando il pubblico praticamente ovunque nel mondo», sfruttando l’assist per chiarire – all’interno di un rapporto già fatto di parecchie controversie, si veda la questione della lotta nel Colosseo – l’opinione di Musk su Zuckerberg.
Facebook is manipulating the public almost everywhere on Earth.
That is why they won’t open source their algorithm. https://t.co/iO0PUO1joF
— Elon Musk (@elonmusk) August 23, 2023
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Il sistema di fact checking di Facebook, in sostanza, è sotto accusa per non essere conforme alle sue stesse regole di totale imparzialità e non intervento nei dibattiti politici dei vari Paesi. Ci sarebbero alcuni fact checker pagati da Facebook che prenderebbero di mira, in maniera indisturbata, le opinioni di chi è contrario al riconoscimento dei diritti degli aborigeni e al conseguente inserimento di quelle opinioni all’interno del dibattito che si crea sulla piattaforma.
La verifica costante, in sostanza, avverrebbe solo per le voci contro e non per quelle pro. Jack Houghton, giornalista a capo dell’inchiesta, ha fatto una serie di affermazioni su come il sistema di fact checking di Facebook non funzionerebbe, internamente, come la società afferma esternamente: «C’è una società americana che sta inviando pagamenti da una filiale irlandese ad accademici che, a mio avviso, sono più che altro attivisti – uno di loro ha effettivamente twittato che Peter Dutton era un razzista che incitava alla paura. Queste persone non sono obiettive e vengono pagate appositamente per influenzare il dibattito nazionale. In questo caso, probabilmente sta funzionando un po’ e il referendum probabilmente è stato influenzato».
Da un lato abbiamo le accuse di una testata che ha analizzato i fatti accaduti nel suo Paese, dall’altro un Facebook che non sembrerebbe riuscire a fornire delle spiegazioni dettagliate o quantomeno sufficienti in seguito a quanto scoperto dal giornale. La questione deve senza dubbio essere approfondita a partire dal fatto che il dibattito su un referendum del genere dia luogo, inevitabilmente, a opinioni che possono essere controverse. Ciò non toglie che – a meno che non si facciano affermazioni false, di cui la diffusione deve essere depotenziata come da regolamento – Facebook debba permettere la diffusione di qualsiasi opinione sfruttando, magari, l’etichetta che indica una mancanza di contesto nel contenuto.
Volendo poi tornare a Elon Musk, è giusto diffondere i risultati di questa inchiesta ma – prima che emergano altri elementi e che le cose vengano chiarite – occorrerebbe essere più prudenti, vista la sua posizione, nel fare affermazioni come quella che ha diffuso a brevissima distanza dall’uscita della lunghissima inchiesta.