Trap Generation, streetwear e moda: se i giovani sono i nuovi “paninari”
17/06/2019 di Francesco Collina
Scarpe ‘da ginnastica’ che costano quanto un computer, magliette con cartellini dei prezzi che sembrano rate di un mutuo. Lo stile e la moda legati all’universo della trap sono probabilmente uno degli argomenti che più lascia sbigottiti i genitori dei fan di questo genere. Un universo di valori, brand e costi percepito come assolutamente incompatibile con i gusti delle generazioni più grandi abituate ad ascoltare in adolescenza generi musicali – dal rock al punk passando per il rap ‘old school’ – che facevano dell’opposizione ai valori e i gusti del mondo dell’industria mainstream uno dei cardini del loro successo.
Brand e autocelebrazione: qual è il rapporto fra musica trap e la moda
Oggi, invece, quello della moda legata all’universo della musica trap è un mercato dove i grandi protagonisti sono i brand e gli artisti che, riconosciuti dai fan come modelli da seguire, influenzano fortemente le loro scelte sia in campo musicale quanto (e soprattutto) in quello legato all’abbigliamento e agli accessori. Non c’è capo indossato da ogni cantante in voga che non sia immediatamente desiderato dai fan che, pur di ottenerlo, indossarlo e ostentarlo sui social, faranno di tutto: «Ormai l’immaginario dell’autocelebrazione ce l’hanno tutti, ma noi siamo stati i primi.» Così Ernia, un tempo parte della formazione hip hop Troupe D’Elite, racconta come è iniziato il rapporto – che pare inscindibile – fra moda, stili di abbigliamento e la musica trap. Perché, per usare le parole di Fabrizio Efrati, fondatore del Kickit Market: «Se una scarpa la presenta una data persona diventa un simbolo delle masse e colui che la presenta è un modello da seguire».
«Ormai la musica e lo streetwear sono una cosa sola – aggiunge Alessandro Bernabei, proprietario dell’Holypopstore di Roma, uno dei negozi più conosciuti fra gli appassionati della moda del momento – i teenager sono il nostro primo cliente. Mentre all’inizio eravamo il negozio del trentenne ora ci sono gruppi di ragazzini che vengono qui perché ci vedono come un posto da visitare, non un luogo dove comprare qualcosa che loro desiderano». «Dire che la trap equivale alla cultura street urbana è limitativo e non descrive il fenomeno nella sua interezza – precisa Stefano Paolini di Big Soup, negozio specializzato nel resell di oggetti a tiratura limitata – la streetculture è molto di più, la musica fa parte di questo ma c’è anche dell’altro. La trap ha portato ai giovani della curiosità su questo argomento: prima non se ne interessavano».
Le nuove generazioni sono come i paninari degli anni Ottanta
Un rapporto così stretto, quello fra moda e musica, che non solo non è amato dagli adulti ma neppure dai produttori e dagli artisti Hip Hop non più giovanissimi. «Se non sei standardizzato non vali niente, devi essere uguale a quel gruppo ma diverso dagli altri, ma comunque uguale a quel gruppo, altrimenti non sei accettato», questo il parere del produttore Big Fish, un tempo disk jockey dei Sottotono. «I cantanti trap del momento – conclude – sono come gli eroi del wrestling per i ragazzini di dieci e dodici anni: c’è quello con il tatuaggio in faccia, quello super-muscoloso, quello più in carne e così via.» E la musica?
Sono gli stessi protagonisti della scena musicale che, in fondo, mal digeriscono l’attenzione che i giovani fan hanno per gli accessori e i vestiti dei musicisti più celebri: «Sono i nuovi paninari, si devono vestire con determinate marche ed è tutto chiuso in un immaginario che se sbagli scarpa non appartieni più a quel gruppo: questa cosa – conclude Luché – rimarrà cool per due tre settimane, poi finisce, perché non c’è evoluzione, non c’è apertura mentale».