Mouna, la ragazza somala accolta dal sindaco di Castelnuovo di Porto

Lo sgombero del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Castelnuovo di Porto è una pagina terribile della cronaca di questi giorni: un esempio di integrazione, di successo, di volontariato che chiude i battenti per colpa di un decreto chiamato sicurezza. Sicurezza che però adesso i richiedenti asilo ospiti non hanno più: in mezzo alla strada, sotto la pioggia e senza una garanzia di avere un tetto. Sono tante le storie di questo tipo, ma una delle prime a raccontarla è Mouna, giovane somala di 25 anni che adesso è stata accolta nella casa del primo cittadino. Lei ha lasciato i suoi due figli a casa con la famiglia, ha attraversato il viaggio dell’orrore, le violenze in Libia, la paura in mare. E ieri era lì. Con il cancello che si chiudeva alle sue spalle, con la giacca di pelle, la testa coperta con una pashmina grigia e un grande borsone sulle spalle.

Mouna, «Mi sono impegnata tanto, ho studiato e lavorato. Adesso cosa farò?»

La storia di Mouna, raccontata sulle pagine di Repubblica , aveva un lieto fine. Arrivata in Italia non si è data a nessuna pacchia: si è messa a studiare e a lavorare, per guadagnarsi il diritto di poter chiamare l’Italia casa. Aveva ottenuto la protezione umanitaria, ma alla scadenza del permesso era già cominciata l’era Salviniana, e non aveva ottenuto il rinnovo. Ma questo non l’aveva scoraggiata. Vedersi chiudere il cancello di casa invece, sì. «Io non mi aspettavo questo, mi hanno detto che devo andare via, ma non so dove andare» racconta a Repubblica, «Non pensavo che mi cacciassero via. Io mi sto impegnata tanto, ho imparato l’italiano, sto studiando e vorrei restare qui dove stavo ricominciando a vivere».

A Castelnuovo pare che la conoscessero tutti. Mouna si era fatta amare e rispettare grazie al suo impegno e alla sua buona volontà. Aveva anche scoperto di avere un talento per la fotografia, tanto che i suoi scatti sono finiti in una mostra al Maxxi. «Io non ho nessuno in Europa, sono partita da sola perché non avevo altra scelta» dice «ero felice di essere arrivata in Italia e non ho mai pensati di andare da un’altra parte. È qui che finalmente pensavo che avrei potuto realizzare il mio sogno: studiare, migliorare la mia situazione, costruirmi una vita insieme ai miei figli». Un sogno semplice e interrotto dal decreto sicurezza. «Ho fatto tanto sforzi, mi sono impegnata, ho studiato moltissimo e credo di aver imparato l’italiano abbastanza bene» racconta alla giornalista di Repubblica mentre la sua insegnante di italiano la abbraccia. «Ho preso il diploma di terza media e sto frequentando la scuola superiore ai corsi serale. Ma adesso, senza neanche una casa dove stare come potrò continuare a studiare?».

(Credits immagine di copertina: ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

 

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