Chiesti 2 miliardi di dollari per le violenze conseguenti a post non moderati in Etiopia
La causa miliardaria è stata intentata da familiari di persone che hanno sperimentato la violenza conseguente ai post non moderati su Facebook
14/12/2022 di Ilaria Roncone
Un fondo di 2 miliardi di dollari per le vittime dell’odio su Facebook, le scuse ufficiali di Meta e un cambio di funzionamento dell’algoritmo: questo quanto chiedono Abrham Meareg, figlio di un accademico etiope ucciso dopo essere stato attaccato in alcuni post Facebook, e altre persone con esperienza simili. Il punto è che in Etiopia – e in generale in Africa – più che in altri posti del mondo la moderazione Facebook risulta tristemente inadeguata per via, da un lato, delle lingue utilizzate per scrivere i contenuti (l’amarico, l’oromo, il somalo e il tigrino) e, dall’altro, dell’algoritmo che tende a favorire quei contenuti controversi che portano a molte interazioni.
LEGGI ANCHE >>> Meta non potrà può pubblicare annunci basati sui dati personali
La storia di Abrham Meareg
La vicenda del padre di Meareg è, probabilmente, uno dei punti più bassi toccati per via dell’odio diffuso tramite Facebook e non moderato. L’accademico è stato attaccato in alcuni post su Facebook, post che sono rimasti online dopo le segnalazione e anche dopo la sua morte. In Etiopia sono centinaia di migliaai le persone morte nel conflitto tra il governo eriope e le forze della regione settentrionale del Tigray, altre 400 mila vivono in carestia.
In un paese dilaniato dal conflitto, il ruolo di Facebook – non moderando le conversazioni – è stato quello di peggiorare la situazione. Il padre prof. Meareg Amare Abrha è stato seguito dall’università fino a casa, il 3 novembre 2021, da due uomini che gli hanno sparato da una distanza ravvicinata poco prima che entrasse. Il figlio ha raccontato come le minacce degli aggressori abbiamo impedito ai testimoni di soccorrerlo, facendo sì che – sette ore dopo – morisse per terra sanguinante. I post che avrebbe dovuto essere rimossi da Facebook lo diffamavano e rivelavano informazioni personali.
Nonostante le segnalazioni, Facebook «ha lasciato questi post fino a quando non è stato troppo tardi» – ha riferito il figlio – o comunque li ha rimossi solo dopo il decesso. L’ultimo è stato rimosso l’8 dicembre 2022.
Moderazione Facebook Etiopia, accusa e risposta
Meta, dal canto suo, dichiara di investire molto nella moderazione per la gestione di contenuti di odio: «Il nostro lavoro di sicurezza e integrità in Etiopia è guidato dal feedback delle organizzazioni della società civile locale e delle istituzioni internazionali», ha dichiarato un rappresentate di Meta. L’azienda ha anche aperto un centro di moderazione nella capitale del Kenya, Nairobi.
Definendo il lavoro di Meta in tal senso «deplorevolmente inadeguato», il figlio dell’accademico ucciso ha affermato che «se Facebook avesse fermato la diffusione dell’odio e moderato adeguatamente i post, mio padre sarebbe ancora vivo». In merito a questa causa Meta ha risposto – parlando con BBC News -: «Impieghiamo personale con conoscenze e competenze locali e continuiamo a sviluppare le nostre capacità di catturare i contenuti violati nelle lingue più parlate nel Paese, tra cui l’amarico, l’oromo, il somalo e il tigrino», definendo l’Etiopia una priorità assoluta in tal senso (anche se meno del 10% della popolazione usa Facebook).