La foto bufala del migrante ‘palestrato’ sbarcato a Lampedusa

Un tempo erano le collanine, poi si è passati agli smartphone. Ora sono i muscoli. Gli odiatori del web, oltre ad esacerbare il clima contro gli stranieri, cascano con tutte le scarpe a qualsiasi contenuto non reale che viene proposto dalla «gente che ci dice quello che gli altri non ci dicono». L’ultimo caso – per il momento – è quello della foto-bufala del migrante palestrato a Lampedusa. Peccato che non si tratti di un migrante e che la foto sia stata scattata ben sette anni fa in Australia. Ma, intanto, la fake news ha fatto il pienone di commenti che incitano alla morte e al razzismo. E ha anche ottenuto oltre 750 condivisioni (solo da quel profilo).

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L’immagine, che è reale (quindi non un fotomontaggio) è stata condivisa da una donna sulla propria pagina Facebook lo scorso 16 luglio. Il soggetto nella foto viene descritto così: «Quando sei un clandestino appena sbarcato a Lampedusa perché si fugge dalla guerra, dalla fame, dagli anabolizzanti e dal rinnovo mensile alla palestra». Ecco come appare sui social. Per motivi di privacy abbiamo oscurato l’identità di chi ha condiviso il post e di chi ha rilasciato quegli aberranti commenti.

Migrante palestrato a Lampedusa

Migrante palestrato a Lampedusa, l’ultima bufala che incita all’odio razzista

Mentre scriviamo questo articolo, questa foto ha già ottenuto ben 763 condivisioni (e una serie di commenti censurabili, tutti dello stesso tenore). Peccato che, oltre all’odiosa pratica, come spiega FactaNews la foto del cosiddetto migrante palestrato a Lampedusa non rappresenti né un migrante e non è stata scattata a Lampedusa.

La foto in Australia nel 2013

La foto risale al 2013 ed è stata scattata in Australia, all’aeroporto di Brisbane. L’uomo, protagonista dello scatto, è un cittadino coinvolto in un’indagine delle forze dell’ordine australiane sul traffico e contrabbando di steroidi. Evento raccontato anche da molte testate all’epoca. Ma la corsa all’odio porta la gente a credere a tutto. L’importante è che ci sia lo straniero da demonizzare. Ma il demonio lo abbiamo in casa.

(foto di copertina: da Facebook)

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