Nella vicenda che ha visto coinvolte – nelle ultime settimane – Meta e SIAE, occorre andare oltre le apparenze emerse dai comunicati stampa e le dichiarazioni di rito. Perché entrambe le parti in causa hanno espresso soddisfazione per la sottoscrizione di questo accordo transitorio che durerà fino al 6 ottobre prossimo, spiegando come i prossimi mesi saranno utilizzati per proseguire quel tavolo della trattativa che si è aperto – tra mille difficoltà e contestazioni – alla fine dello scorso anno. Ma chi ci ha guadagnato di più da questa intesa a tempo?
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I dettagli dell’accordo transitorio non sono noti, ma – come riportato dall’Agenzia Ansa – l’azienda di Menlo Park e la Società Italiana Autori ed Editori avrebbero ripreso in mano l’accordo scaduto nel 2022, replicando – almeno fino al prossimo 6 ottobre – lo stesso impianto. Questa, infatti, era l’indicazione arrivata anche dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) quando (ad aprile) intimò a Meta di sedersi nuovamente al tavolo della trattativa con SIAE. Dunque, tutto cambia per non cambiare. Almeno per alcuni mesi.
Dunque, stando a queste premesse, sembra che nell’accordo Meta-SIAE l’ago della bilancia del “guadagno” penda decisamente dalla parte del colosso di Menlo Park. Anche perché, l’inizio delle polemiche e della trattativa naufragata prima di arrivare a questa intesa a tempo aveva messo sul tavolo una serie di richieste avanzate dalla Società Italiana Autori ed Editori. Quest’ultima, infatti, chiedeva a Meta di essere più trasparente nella comunicazione dei dati delle visualizzazioni e dell’utilizzo dei brani il cui diritto d’autore è gestito da lei. Dunque, SIAE ha denunciato la mancanza di comunicazione sulle royalties: la “visualizzazione” viene intesa come “utilizzo” o come, appunto, riproduzione di una canzone utilizzata e “vista” anche da altri utenti?
E non solo. Perché SIAE aveva chiesto di rivedere gli accordi economici relativi alle fee, ovvero l’emolumento economico che Meta deve versare per l’utilizzo – in licenza – delle canzoni di proprietà di SIAE da parte degli utenti social (sia su Facebook che nei post, nelle Stories e nei Reels di Instagram). La Società Italiana Autori ed Editori, infatti, ha fatto leva sulla direttiva Copyright – recepita dall’Italia nel novembre del 2021 – per definire un equo compenso per lo sfruttamento del diritto d’autore.
Leggendo criticamente questi dettagli, sembra chiaro che da questa prima parte della contesa contrattuale sia uscita vincitrice Meta. Ovvero, Menlo Park continuerà a far valere quel suo predominio – senza alcuna variazione – almeno fino al prossimo 6 ottobre. Da parte di SIAE, invece, sembra sia stata adottato il motto “meglio uno che zero”, in attesa di arrivare a dama. Nei prossimi mesi scopriremo se questa mossa – ovvero il mantenimento dello status quo – avrà giovato alla situazione. Ovviamente, però, quelli che sembrano aver guadagnato dall’imminenti ritorno (serviranno ancora alcune ore per sbloccare le intere librerie) della musica di SIAE su Instagram e Facebook sono gli utenti e i creators che potranno tornare a utilizzare un vasto numero di brani che dal 16 marzo scorso erano stati silenziati e resi inaccessibili.
Stesso discorso vale parzialmente per i cantanti e gli artisti. Perché se è vero che il loro status economico – quello relativo alle royalties – non è migliorato rispetto al 31 dicembre scorso, è altrettanto vero che i loro testi e le loro note potranno tornare a essere virali. Dunque, il loro nome e le loro canzoni – sparite da Instagram e Facebook da due mesi – torneranno a circolare. E questo, nel mondo della musica (e non solo) non può che essere un aspetto importante e fondamentale in termini di riconoscibilità.
E la politica che figura ci ha fatto? Questo interrogativo è fondamentale alla luce dell’accordo transitorio siglato. Perché il governo italiano si è reso grande protagonista di questa difficile trattativa, con dichiarazioni sparse e – soprattutto – issandosi al ruolo di garante degli incontri Meta-SIAE. In particolare, il Ministero della Cultura ha ospitato l’incontro dello scorso 6 aprile, quello in cui non si era trovato un punto di congiunzione. E proprio nel giorno dello stop alla musica SIAE su Instagram e Facebook, il Ministro Gennaro Sangiuliano aveva dichiarato:
«I colossi transnazionali del digitale devono rispettare l’identità e la sovranità legislativa degli Stati. È sacrosanto difendere gli autori italiani e tutelare l’opera del loro ingegno, quella creatività che tanto valore ha nel mondo. Salvaguardare il frutto del lavoro autoriale è innanzitutto un principio etico, ancor prima che giuridico. Operare per difendere la creatività nazionale e l’immaginario italiano, poi, è un preciso mandato politico da onorare nei fatti. La indiscutibile libertà di mercato va esercitata all’interno di regole condivise e rispettate da tutti: è il fondamento di una convivenza pacifica e produttiva. La frontiera dell’innovazione non può e non deve essere il Far West del terzo millennio. L’oceano della rete va alimentato di contenuti di cui va riconosciuta la giusta retribuzione, altrimenti è destinato a diventare un Mar Morto sterile e senza vita».
Dichiarazioni forti ed eclatanti, come spesso capita leggendo tra le righe di quanto dichiarato da Sangiuliano da quando è titolare del MiC. Poi, però, dopo il silenzio. Anche dopo l’accordo transitorio siglato qualche ora fa. A parlare al suo posto è stata la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni (la stessa che ha diretto le danze degli incontri tra Meta e SIAE) che ha parlato così:
«Bene che Meta e Siae abbiano trovato un punto di incontro. Una buona notizia per gli utenti, ma soprattutto per i nostri artisti e per le loro opere. Ora ci auspichiamo che il lavoro dei prossimi mesi porti a una risoluzione totale e duratura».
Dunque, per la politica istituzionale italiana è un bene che si sia arrivati a un accordo transitorio. Per gli utenti, ma soprattutto per gli artisti italiani e le loro opere. Nessuna dichiarazione in merito al fatto che questa intesa a tempo ricalchi in toto l’impianto contestato da SIAE fin dall’inizio della trattativa con Meta. Perché, qualora il prossimo 6 ottobre Menlo Park non dovesse trovare un nuovo accordo – in linea con la direttiva Copyright -, la situazione tornerebbe a essere la stessa vissuta negli scorsi due mesi. Con Meta a dettare le regole e gli altri a subire la sua posizione dominante.