Campagna Meta per screditare TikTok, risponde il CEO della società che sarebbe stata ingaggiata per lo scopo

L'ultima inchiesta del Washington Post porta alla luce una campagna di Meta contro TikTok condotta dalla società Targeted Victory e il CEO ha deciso di rispondere

30/03/2022 di Ilaria Roncone

Se in un primo momento Targeted Victory – agenzia di consulenza citata nell’inchiesta Meta contro TikTok del Washington Post uscita oggi – non aveva risposto, ora a parlare è il CEO in persona. Ricapitoliamo: nella giornata di oggi la testate è uscita con un magistrale lavoro che mette al centro una serie di scambi mail che dimostrano come Meta, che possiede Instagram e Facebook, abbia chiesto alla società di consulenza di mettere in piedi una campagna con target media locali e regionali degli Usa che vada a influenzare la loro opinione su TikTok screditando la piattaforma cinese.

Tutto deriverebbe dalla preoccupazione della società di Zuckerberg – riferita dalla whistleblower Frances Haugen – in merito ai numeri collezionati da TikTok (2/3 in più degli adolescenti di Instagram e un ulteriore e ancor più netto distacco rispetto agli utenti giovani su Facebook). Zac Moffatt, CEO di Targeted Victory, ha scritto dedicato alla questione un thread su Twitter.

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Meta contro TikTok: la risposta del CEO di Targeted Victory al Washington Post

Il thread entra dubito nel vivo della questione, con Moffatt che non esita ad affermare che non solo «il lavoro del Washington Post caratterizza erroneamente il nostro lavoro, ma i punti chiave sui quali si basa sono falsi». Affermando che a un tentativo di contattare il Washington Post per poter integrare l’inchiesta con la sua versione il quotidiano non avrebbe risposto, il CEO dell’agenzia di consulenza fa una serie di puntualizzazioni: «Siamo un’azienda di centro destra, ma le squadre che gestiamo in squadre bipartisan, comprese quelle menzionate nell’articolo, anche entrambi gli autori sono democratici».

Sottolineando che collaborano e che sono orgogliosi di collaborare con Meta già da diversi anni, questione di dominio pubblico di cui il Washington Post è sicuramente a conoscenza – sostiene Moffatt -. Nella parte finale del thread vengono forniti gli screenshot di una serie di articoli attribuiti proprio al Post che fanno riferimento – sempre secondo quanto afferma il CEO – proprio a quelli che il quotidiano ha definito “rumors” sui quali si baserebbe l’attacco di Meta a TikTok allo scopo di sottolineare la pericolosità dei contenuti diffusi, che non verrebbe presa in considerazione a sufficienza.

Il CEO si dice, infine, soddisfatto del «lavoro che abbiamo svolto finora per evidenziare i pericoli di TikTok».

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