Elisabetta Trenta prima firma il divieto per la Mare Jonio, poi chiede umanità a Salvini

29/08/2019 di Enzo Boldi

L’ho firmato perché dovevo, ma non lo condivido. Si può sintetizzare così il discorso fatto (e scritto su Facebook) da Elisabetta Trenta dopo aver posto la sua sigla al fianco di quelle di Danilo Toninelli e Matteo Salvini sul divieto di accesso, transito e sosta della nave Mare Jonio nelle acque italiane. L’imbarcazione della Ong ha soccorso nei giorni scorsi un centinaio di esseri umani a largo della Libia, mentre il gommone su cui erano a bordo si stava inabissando nel Mediterraneo. Tra le persone soccorse ci sono anche 22 bambini sotto i 10 anni e altri sei minorenni. Nonostante abbia condiviso il documento e il provvedimento redatto dal Viminale, ora il capo della Difesa chiede un cambio di passo.

«Ieri ho firmato l’ennesimo decreto interministeriale su divieto di sbarco perché tecnicamente, dal punto di vista militare, non vi erano ostacoli a ciò – ha scritto Elisabetta Trenta sul suo profilo Facebook facendo riferimento alla Mare Jonio -. Contemporaneamente credo però che il Ministro dell’interno, pur nell’ambito dei suoi poteri in materia di ordine e sicurezza pubblica come dettati dalla disciplina del decreto sicurezza bis, non possa mai travalicare e azzerare il sacrosanto diritto di bambini, donne in gravidanza, ammalati o persone in difficoltà di essere soccorsi».

La Mare Jonio e il mea culpa di Trenta

Il caso della Mare Jonio, nel frattempo, continua a essere in stallo proprio per via di quel provvedimento firmato anche da Elisabetta Trenta. Oggi, poi, l’appello per una politica basata sull’umanità: «Il soccorso a queste persone diventa diritto di ingresso perchè a fianco del decreto Sicurezza sono vigenti, per fortuna, norme internazionali e norme interne che lo impongono. Si tratta di principi sacrosanti che fanno parte della nostra cultura intrisa della tutela umanitaria e della salvaguardia dei diritti dell’uomo». Forse, però, sarebbe bastato non apporre la propria firma su quel provvedimento.

(foto di copertina: ANSA/SIMONE ARVEDA)

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