Marco Ferrando legge la storia di Cesare Battisti: «Si può criticare il terrorismo anche senza essere con lo Stato»

Ci sono due modi per leggere la vicenda dell’arresto di Cesare Battisti e, in generale, la portata storica della sua esperienza nell’Italia degli anni Settanta-Ottanta. Quello più immediato – e anche più scontato – è quello vuoto della retorica. Ma ci sono anche altri punti di vista, originali e franchi. A quest’ultima categoria appartiene l’opinione di Marco Ferrando, segretario del Partito Comunista dei Lavoratori.

Marco Ferrando su Battisti: l’analisi storica

L’uomo che ha vissuto l’universo della sinistra negli anni cosiddetti di Piombo, infatti, riesce a cogliere delle sfumature che gli organi di stampa, accecati dalla propaganda politica di questi ultimi giorni e delle chiassose battute sui social network, non possono più mettere in conto. Capire il fenomeno Battisti significa andare alle radici degli anni Settanta.

«Sono state tre le principali organizzazioni terroristiche dell’epoca – spiega Ferrando -. Le Brigate Rosse, Prima Linea e Proletari Armati per il Comunismo. Cesare Battisti apparteneva a quest’ultima, la più piccola e quella che aveva gli aspetti più border line. Chiariamo subito un aspetto: le organizzazioni terroristiche sono state sciagurate per le prospettive dei lavoratori e in un’ottica rivoluzionaria».

Nella seconda parte degli anni Settanta, Cesare Battisti si rese protagonista di alcuni episodi di microcriminalità. Rapine, per la maggior parte, giustificate – in seguito alla sua politicizzazione – come espropri proletari. Per i suoi anni di militanza nei PAC, fu accusato e processato: Battisti, infine, venne condannato a due ergastoli per aver partecipato, materialmente o ispirando di fatto, agli omicidi della guardia giurata Antonio Santoro, del gioielliere Pierluigi Torregiani, del macellaio missino Lino Sabbadin e dell’agente della Digos Andrea Campagna.

«Le azioni terroristiche, anche quelle di Cesare Battisti, arrivarono a favorire le classi dirigenti. Partito Comunista e Democrazia Cristiana, anche in seguito a questi episodi, vararono per la prima volta delle politiche di austerità volte a vanificare le conquiste del movimento operaio, nonché quella legislazione d’emergenza anti-terrosimo che restrinse i diritti democratici in campo giudiziario. È sempre stato questo il paradosso delle organizzazioni terroristiche: favorire quelle classi che invece dicevano di avversare».

Marco Ferrando su Battisti: «Contro il terrorismo, ma dalla parte opposta dello Stato»

Anche la vicenda personale e giudiziaria di Cesare Battisti venne pesantemente influenzata dagli errori delle organizzazioni terroristiche. Le sentenze della magistratura sull’ex militante dei PAC, infatti, si basarono quasi esclusivamente sulle testimonianze dei pentiti e furono incoraggiate proprio da quel clima – in materia giudiziaria – descritto da Ferrando: «Di quei processi non possiamo avere una visione incantata: sullo sfondo c’era sempre quella che era stata proclamata come emergenza e che portava a dei problemi anche dal punto di vista della forma giuridica. Non è un caso – continua Ferrando – se durante la latitanza in Francia la stessa magistratura transalpina rilevò molti aspetti critici negli atti giudiziari, l’assenza di diritti basilari per gli imputati. Tra queste, anche le torture che ancora adesso non hanno responsabili».

Negli anni, soprattutto quelli del trasferimento in Brasile di Cesare Battisti e del suo riconoscimento come rifugiato politico, si sono moltiplicati gli appelli – da parte di intellettuali italiani – per l’amnistia di Battisti: «Noi non fummo coinvolti direttamente e quindi non firmammo materialmente alcun documento – spiega Marco Ferrando -. Ma anche oggi, come allora, rivendichiamo l’amnistia per i responsabili del terrorismo italiano. Il carcere, in queste occasioni specifiche, viene visto come una vendetta e perde completamente il suo valore rieducativo».

Ma da Marco Ferrando viene ribadita l’assoluta condanna ad atti terroristici. Condanna che viene ribadita ancora in maniera più forte assistendo alla passerella mediatica e alla violenza verbale che il ministro Matteo Salvini ha utilizzato per comunicare l’arresto di Battisti: «Fa specie che Salvini e Bolsonaro rivendichino, attraverso delle vere e proprie parate di regime, il primato della democrazia. E fa specie che una parte dell’opposizone, anche quella che si definisce progressista, si unisca al loro coro. Si può e si deve essere contrari al terrorismo, ne dobbiamo fare una critica spietata: ma lo si può fare anche dalla prospettiva anticapitalistica e rivoluzionaria, opposta nei confronti di questo Stato che giudica i militanti delle formazioni di estrema sinistra dopo aver coperto stragi fasciste, dopo aver varato politiche giudiziarie che non danno garanzie agli imputati e ha coperto pratiche di tortura nelle carceri».

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