Cos’è un marchio e cos’è un format? Questione di definizioni, nell’affare Sanremo-Rai

Uno dei punti cruciali della sentenza del Tar della Liguria è la netta distinzione tra il marchio "Festival della Canzone italiana" (di proprietà del comune" e il format (di cui la Rai è titolare)

06/12/2024 di Gianmichele Laino

Per fare un tavolo, ci vuole il legno. Per fare il legno, ci vuole l’albero. Ma per fare un tavolo *non* ci vuole un fiore. Cambiamo i versi del brano di Sergio Endrigo (visto che stiamo parlando di canzone italiana) e spieghiamo, con questo esempio, perché Sanremo è Sanremo (e noi non siamo un c***o). Uno dei passaggi molto significativi della sentenza del Tar della Liguria mette in evidenza la distinzione tra il marchio “Festival della Canzone Italiana” e il format che, dal 1995 in poi, ha organizzato la Rai. Già, perché prima di quella data anche la manifestazione canora era organizzata dal comune di Sanremo, con il servizio pubblico che si limitava a trasmetterla, facendo da semplice emittente. Da quel momento in poi, tuttavia, la Rai – entrando nell’organizzazione – ha individuato un format che, a giudicare dagli ascolti, è sempre stato di grande successo. Ma basta questo per poter dire che il Festival di Sanremo è una pertinenza della Rai? Il Tar è stato molto chiaro: no.

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Marchio Sanremo, il titolare è il comune: possedere il format non basta

Cosa Rai intenda per format, viene descritto anche nella sentenza:

«RAI sostiene di essere l’unico soggetto a trovarsi nel possesso legittimo del format, ossia dello schema della manifestazione, che sarebbe compendiabile nelle seguenti caratteristiche: brani inediti in lingua italiana; location definita (il Comune di Sanremo); cadenza annuale; struttura specifica: cinque serate consecutive nel corso di una settimana, nel periodo compreso tra fine gennaio e inizio marzo, con l’ultima serata di sabato dedicata alla decretazione del vincitore; due giurie, una popolare e una di esperti; cantanti – concorrenti divisi in due categorie (“campioni” e “nuove proposte”); un conduttore principale, coincidente con il direttore artistico, il quale è affiancato da più co-conduttori; sequenza ben definita nella presentazione dei concorrenti: nome della canzone, nome dei compositori della parte musicale, nome degli autori del testo, nome del direttore d’orchestra designato dalla casa discografica e nome dell’artista interprete; conferimento di un premio principale alla canzone più votata dalle giurie, consegnato dal conduttore e dal Sindaco nella giornata conclusiva di sabato, e di altri premi accessori (miglior testo in gara, miglior composizione musicale, miglior arrangiamento, migliore interpretazione e premio all’artista più votato durante la serata speciale); scenografia, che prevede un’iconica scala che conduce artisti, conduttori ed ospiti al palco, nei pressi del quale è collocata l’imponente orchestra, dotata di almeno cinquanta elementi e comprensiva delle seguenti sezioni: ritmica, tastiere, fiati, archi e coro».

Rai sostiene che la combinazione del format e del marchio (di cui è titolare il Comune di Sanremo e che non rappresenterebbe nient’altro che il titolo della manifestazione, ossia una componente del format) darebbe vita ad una comunione del diritto di proprietà sul format. Il Tar ha smontato, però, questa tesi. Il marchio, ovvero “Festival della Canzone italiana” è indubbiamente di proprietà del comune di Sanremo e rappresenta una cosa distinta dal format. Non si tratta di un unico bene (format + marchio), ma di due beni distinti (format marchio), con la specifica ulteriore che, al momento della registrazione – da parte del comune di Sanremo – del marchio “Festival della Canzone italiana”, nessuno ha esercitato il diritto di opposizione che si sostanzia nei cinque anni successivi alla registrazione, nemmeno la Rai.

Il problema attorno a cui ruota la sentenza, dunque, è quello del marchio. Il ricorso non è mai partito dal fatto che JE (la società che ha avviato l’iter legale) avesse intenzione di sfruttare il format del Festival di Sanremo, ma semplicemente il marchio. Ed essendo pacifico che format e marchio siano, ormai, due cose distinte (soprattutto dopo la registrazione effettuata dal comune), è possibile ipotizzare che il marchio possa essere dato in gestione a un soggetto diverso della Rai, per abbinarsi a un altro format.

Del resto, sostiene il Tar, anche il format della Rai è cambiato molto nel corso degli anni (sono stati fatti alcuni esempi concreti, come l’assenza del pubblico nel 2021, la non coincidenza – in alcuni anni – tra direttore artistico e conduttore, la soluzione di continuità tra i punteggi delle cinque serate, il diverso inserimento nella competizione delle cosiddette nuove proposte). La domanda è: se anche il format della Rai è cambiato (senza effetto sul marchio “Festival della Canzone italiana”), a maggior ragione è possibile che il marchio venga associato a un format completamente diverso, realizzato da un soggetto altro rispetto alla Rai.

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