Il manuale per ostacolare il Gay Pride

Sta facendo discutere sui social una serie di consigli, forniti da Osservatorio Gender, su come comportarsi in vista dei vari gay pride organizzati, per questo 2018, in Italia.

In rete l’Osservatorio propone alcune dritte per comportarsi al meglio durante «l’annuale caravanserraglio di bestemmie, oscenità, porcherie e irrisione della religione cattolica».

Il primo consiglio è una costante attività di informazione (ad esempio con una newsletter periodica) oppure una serie di incontri ai quali si invitano gli esponenti dei partiti «meno ostili alla famiglia». Tali esponenti – spiegano – aderiscono con facilità perché generalmente sanno che questo è il sentimento profondo della maggior parte delle persone.

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Il secondo è che una associazione “pilota” chieda per iscritto ai sindaci di negare il patrocinio al gay pride. «La lettera va ovviamente inviata alla stampa locale, così come un comunicato stampa di “condanna” del patrocinio eventualmente concesso», spiegano. In alcune Diocesi consigliano infine di incontrare il Vescovo per chiedere di dar corso a una processione o altra forma di «riparazione pubblica alle offese».
«L’eventuale interruzione di funzioni liturgiche – spiegano – così come l’aggressione da parte degli attivisti LGBT – pur costituendo quasi sempre un’offesa a Dio – può tuttavia rivelare alla popolazione lo scopo ultimo del movimento omosessualista».

Consiglio finale? Partire con il “Ki ti paca il gay pride”. «Se si ha la possibilità di render note tali sponsorizzazioni attraverso i mass-media è sempre bene farlo, perché la stragrande maggioranza dei clienti/utenti dello sponsor non gradisce le manifestazioni di cui si parla. Qualora si disponga di adeguata strumentazione informatica, può anche essere opportuno lanciare campagne di boicottaggio verso gli sponsor che sono generalmente impreparati a questo tipo di reazione da parte dei cattolici».

(Foto: ANSA / GIORGIO ONORATI)

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