Ci piacevi da morire

In una sera d’estate ad Andria, cittadina di 100mila abitanti, la tranquillità viene sconvolta da un delitto efferato. Graziella Mansi di soli 8 anni viene uccisa brutalmente perchè, come afferma sotto interrogatorio Pasquale Tortora, il primo ad essere fermato: “era molto bella”.

E’ una bella serata quella di sabato 19 agosto a Castel Di Monte. Sotto le mura del castello di Federico II c’è ancora un fiume di gente. Complice un’estate non troppo calda, i turisti si sono riversati in migliaia in Puglia quest’anno. E qui, sotto le mura, le bancarelle stanno riscuotendo i benefici di questa serata senza afa, accompagnata dal soffio di una leggera brezza. Tutti sembrano felici, entusiasti. Ma mentre scende la notte, la serata inizia a cambiare. Le facce dei proprietari delle bancarelle mutano. Da sorridenti diventano smarrite, poi si fanno perplesse e, infine, divengono angosciate. Sì è persa una bambina. Prima era lì, vicino alla bancarella dei nonni, come tutte le sere a dare una mano. Era andata un attimo a bere alla fontanella poi niente, volatilizzata. Tutti si guardano intorno, cercano sotto i banchi, sperando in uno strano gioco di una bimba che, in fondo, ha solo otto anni. Niente, nessuno la trova. Allora iniziano a chiamarla: “Graziella, Graziella, Graziellaaaaaa“. Le voci diventano un coro che grida sempre più forte. Ma Graziella non c’è. Graziella è sparita. I nonni sono disperati, così come tutti i loro vicini. La disperazione, si sa, spinge a gesti estremi e a decisioni affrettate. A farne le spese, quella sera, è un ragazzo, si chiama Pasquale e ha soltanto diciotto anni. Mentre tutti sono intenti a cercare Graziella lo vedono tornare dai boschi proprio dietro le mura. Ha un graffio sul viso. Allora qualcuno inizia a ricordare di averlo visto chiacchierare con Graziella proprio vicino alla fontanella. Anche altri ricordano la scena. E c’è chi giura, ora rammenta, di averli visti entrare insieme nel bosco. Sì, ma Graziella? Niente, non c’è traccia di lei. Le ricerche diventano sempre più grandi. Parte perfino un elicottero che inizia a volare sopra i boschi. D’un tratto appare in lontananza una colonna di fumo. La luce puntata dall’alto illumina la scena, che si apre in una radura di ulivi. A prima vista sembrerebbe un fagotto quello che sta bruciando. Ma quando arrivano i soccorritori, insieme al padre della piccola, Vincenzo Mansi, lo spettacolo è un altro. Non è un fagotto quello che brucia, ma è il piccolo corpo di Graziella. E’ stata arsa viva.

FOLLIA OMICIDA – In un piccolo paese una notizia come questa ci mette un secondo a fare il giro. Sotto la caserma di Andria prima arrivano in cinque-sei. Dopo sono una decina. Infine sono centinaia. E vogliono solo una cosa: Pasquale Tortora. Sì, perché i carabinieri hanno capito subito che qualcosa non tornava negli atteggiamenti di quel ragazzo e quando si è presentato per accusare due fantomatici individui hanno pensato bene di trattenerlo. In caserma c’è già da prima che trovassero il corpo. Il piantone rassicura il padre di Pasquale che è dentro per una pura formalità, ma la verità è un’altra. Ed è più macabra di qualunque film. La resistenza del ragazzo è debole. Una, due, tre domande e alla fine cede: “Sì, ho dato fuoco a degli sterpi. Sì, l’ ho buttata sul fuoco. L’ ho tenuta ferma mentre bruciava”. Persino il suo avvocato d’ufficio, Maria Angela Cannone, resta toccata dal suo racconto. “Sembrava che raccontasse una cosa che non lo riguardava, un fatto accaduto a un’ altra persona. Io sono una madre di famiglia. Sono stata male. Ma anche i carabinieri e il pm erano sconvolti”. L’unica cosa che Pasquale non dice è perché lo ha fatto. Ma la gente, lo sa già. Come da subito aveva capito che era stato lui, così, altrettanto in fretta, ha scoperto anche il perché: ha abusato di lei. Sotto la caserma le urla sono feroci. Se uscisse, Pasquale non tornerebbe mai a casa. Per questo già dalla mattina successiva, viene trasferito nel supercarcere di Trani. In cella d’isolamento, lontano dalla legge degli altri detenuti che certe cose le punisce con la massima pena.

“SI, ERA MOLTO BELLA” – Basta poco a far finire il racconto di Pasquale sui giornali. “Io ho sempre avuto il problema di avvicinare le ragazze. Provo a parlarci ma non mi stanno a sentire. Graziella era bella e mi piaceva. La vedevo a Castel Del Monte. La guardavo ma non avevo il coraggio di dirle qualcosa. Però sabato è successa una cosa strana. Ero vicino alla fontanella e lei è arrivata. Doveva prendere dell’ acqua per portarla alla bancarella del padre. Ho cominciato a guardarla, come sempre. Lei non mi guardava. C’ era caldo. Non riusciva ad aprire il bidone che aveva portato con sé per metterci l’acqua fresca. Ci provava ma non ce la faceva ad aprirlo. Allora ho trovato il coraggio di avvicinarmi e ho preso il bidone. L’ ho aperto facilmente. Lei mi ha ringraziato. Mi ha sorriso. In passato avrò avvicinato una decina di ragazze, ma nessuna mi aveva sorriso. Allora ho trovato il coraggio di dire a Graziella che nel bosco c’ era un posto dove avevo nascosto dei cuccioli di cane. Lei mi ha seguito perché le è piaciuta l’ idea di vederli. Siamo andati avanti nel bosco. Graziella a un certo punto ha cominciato a lamentarsi perché i cuccioli non c’ erano. Infatti non li trovavamo. C’ eravamo allontanati da Castel del Monte e non ci vedeva più nessuno. Non si sentivano più le voci della gente, dei turisti, né i rumori delle macchine. Si è messa paura. Ha cominciato a dire che voleva tornare indietro. Non sorrideva più. Anzi si è messa a gridare. Allora io l’ ho tenuta ferma. Le ho legato le mani e l’ ho distesa su un piccolo mucchio di rami secchi e di aghi di pino. Ho preso l’ accendino e ho dato fuoco. Lei continuava a gridare. Io per non scottarmi la tenevo ferma con un piede. Bruciava lentamente. Poi ha smesso di gridare. Allora sono scappato”. Pasquale tace solo sul tentativo di violenza. Di questo no, non parla. Ma sono i referti del medico legale a farlo per lui. Ci sono i segni lasciati sul corpo della piccola Graziella. Bastano loro a spiegare cosa è successo.

IL BRANCO OMICIDA – Il colpo di scena, però, avviene giovedì sera. A uccidere Graziella a quanto pare non è stato solo Pasquale. In una ridda di dichiarazioni prima ha detto di essere stato lui solo, poi ha accusato altri, poi ha ritrattato ancora una volta. Per il pm che conduce le indagini, Francesco Bretone, però Pasquale stavolta non mente. In manette finiscono Michele Zagaria, Giuseppe Di Bari, Domenico Margiotta e Vincenzo Coratella. Tutti poco più che diciottenni. La ricostruzione dei fatti secondo il pm, anche semplicemente a leggerla sul giornale è agghiacciante: “E’ Tortora a chiamare la bambina, la porta nel bosco, Di Bari tenta di violentarla, più volte. Graziella urla, le tappano la bocca col cerotto. Si sentono le urla del padre e degli altri ambulanti, la situazione sfugge di mano, Di Bari e Tortora mettono Graziella su un tappeto di foglie secche. La bambina brucia. Poi, Tortora resta sul posto e torna a piedi. Gli altri quattro salgono in macchina e rientrano ad Andria. Vanno in giro, come in un qualunque sabato sera. Concordano la linea da seguire. Si fanno vedere nel solito bar, nella sala giochi. Bevono una birra, tornano a casa. Dormono. Come se non fosse successo nulla. Poi, il giorno dopo, decidono di assistere ai funerali della bambina.” Come se non fosse successo nulla. Soltanto che Graziella non c’è più e nessuno potrà mai più rivedere il suo splendido viso. Il destino degli imputati è diverso. Pasquale sarà condannato a trent’anni per aver scelto il rito abbreviato. Gli altri tutti all’ergastolo, con sentenza definitiva della cassazione arrivata il 30 novembre del 2004. Fra loro, però, c’è chi ha preferito evitare tutto questo. Lo scorso 15 dicembre, uno di loro, Vincenzo Coratella, ormai ventisettenne, ha preso la cintura dell’accappatoio, l’ha fissata all’estremità del letto a castello e si è impiccato. L’hanno trovato solo tre ore più tradi gli agenti della polizia penitenziaria del carcere di Lecce. Così ha deciso di mettere la parola fine al suo coinvolgimento in questa storia.

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