Malattia di Crohn: cos’è e quali complicanze può portare 

Informazioni utili su uno dei fenomeni che riguarda l'intestino

31/05/2021 di Redazione

La Malattia di Crohn è un’infiammazione cronica dell’intestino. Può estendersi lungo tutto il tratto gastrointestinale, ma nel 90% dei casi si concentra soprattutto nel colon e nell’ultima parte dell’intestino tenue, manifestandosi attraverso la formazione di ulcere intestinali, che talvolta possono essere alternate da tratti di intestino sano.

In presenza di complicanze, il morbo di Crohn può inoltre condurre alla fibrosi intestinale, un ispessimento delle pareti dell’intestino che causa una perdita di sensibilità e della funzionalità del tratto coinvolto.

Una corretta diagnosi del morbo di Crohn è fondamentale per trattare tempestivamente le ulcere causate dall’infiammazione cronica; queste ultime, infatti, se non curate per tempo, possono condurre a stenosi – un restringimento del tratto intestinale – o formare delle fistole, dei veri e propri fori nell’intestino che possono interessare anche gli organi adiacenti.

Morbo di Crohn: a quali sintomi prestare attenzione

I sintomi con i quali la Malattia di Crohn si manifesta variano in base al tratto di intestino in cui si sviluppa la patologia, anche se, in alcuni casi, possono essere del tutto assenti.

Le manifestazioni più evidenti restano comunque episodi di diarrea persistenti – con una frequenza che supera le quattro settimane e in genere concentrate nelle ore notturne – che possono essere accompagnati o meno da dolori in prossimità dell’area addominale.

In alcuni casi si assiste invece a un innalzamento della temperatura corporea nelle ore serali o alla presenza di feci miste a sangue, e alcune volte non è raro che si verifichi una perdita di peso piuttosto importante; tuttavia, si è osservata anche la manifestazione di dolori articolari e in alcuni casi la formazione di fistole nelle zone anali.

I fattori alla base della Malattia di Crohn

Attualmente, le cause che conducono allo sviluppo della Malattia di Crohn sono ignote. Si pensa che all’origine ci siano sia fattori ambientali sia fattori genetici, anche se non si tratta di una malattia ereditaria.

Tuttavia, alla base dell’infiammazione intestinale potrebbero esserci anche il fumo, le mutazioni della flora batterica e una reazione del sistema immunitario: si è infatti osservato che nei pazienti affetti da morbo di Crohn le cellule del sistema immunitario attacchino di continuo l’intestino, con la conseguenza di un perpetuarsi dello stato infiammatorio.

Come viene diagnosticata la Malattia di Crohn

La diagnosi della Malattia di Crohn passa innanzitutto per una colonscopia e una biopsia intestinale, attraverso la quale è possibile valutare se nella mucosa siano presenti segnali indicanti una infiammazione cronica.

Si può inoltre effettuare una ecografia delle anse intestinali o una risonanza magnetica addominale con mezzo di contrasto, che permette di avere una panoramica più ampia sull’estensione dell’eventuale infiammazione.

Fra le soluzioni più efficaci per diagnosticare la malattia ci sono poi l’enteroscopia con videocapsula, tramite la quale è possibile individuare danni non visibili con una classica colonscopia, e anche l’esplorazione chirurgica, che, in alcuni particolari casi, permette di diagnosticare la malattia e, contemporaneamente, di intervenire.

Morbo di Crohn: trattamenti, prevenzione e nuove cure

I trattamenti oggi utilizzati a contrasto della patologia di Crohn mirano a ridurre l’infiammazione agendo soprattutto sui meccanismi del sistema immunitario: si parla di anti-infiammatori come la mesalazina, antibiotici intestinali, ma anche di immunosoppressori, steroidi e medicinali biologici. Per quanto riguarda invece le complicanze legate alla fibrosi intestinale, ad oggi, a parte la resezione chirurgica, non esiste una vera e propria cura, anche se la ricerca, di recente, ha fatto passi da gigante.

Il team di Fondazione Humanitas per la Ricerca ha infatti identificato un inibitore, che potrebbe ostacolate il deposito di collagene sulla mucosa intestinale, responsabile della formazione della fibrosi.

Un’ampia parte della ricerca è inoltre orientata a individuare i meccanismi molecolari alla base di questi processo, compresa una dieta errata, che potrebbe rappresentare un importante fattore di rischio.

Nel corso delle analisi condotte dal Gruppo di Humanitas, si è infatti osservato che un’alimentazione ricca di grassi potrebbe essere una delle cause in grado di contribuire non solo allo sviluppo della fibrosi intestinale, ma anche a un peggioramento dello stato della patologia.

Il progetto, naturalmente, è orientato a individuare anche le cause all’origine della malattia, per poter intervenire tempestivamente, prima ancora che si manifesti.

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