La mafia voleva ammazzare Sigfrido Ranucci di Report
La rivelazione in un video pubblicato questa mattina da Report
04/01/2021 di Gianmichele Laino
La rivelazione è di quelle pesanti. Se si considera che ad ascoltarla, poi, è il diretto interessato, si comprende quanto possa essere stato difficile. La mafia voleva ammazzare Ranucci, giornalista d’inchiesta e conduttore di Report. Il video della rivelazione di Francesco Pennino che – in carcere – incontrò esponenti della famiglia Madonia che gli hanno comunicato questa informazione è stato pubblicato dall’account Twitter di Report.
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La mafia voleva ammazzare Ranucci: la rivelazione
Francesco Pennino, intorno all’autunno del 2010, si trovava in carcere come cuciniere. Dice di aver preparato anche delle portate speciali per i detenuti al 41-bis (cosa vietata) e che, in occasioni come quelle, aveva avuto modo di parlare con alcuni esponenti del clan Madonia. Questi ultimi avevano fatto capire in siciliano che volevano ammazzare Sigfrido Ranucci. «Ti volevano fare del male» – ha detto Pennino mimando, in maniera eloquente, il gesto tipico della morte.
Minacce di morte a Ranucci: “i Madonia volevano pagare per ammazzarti”. Francesco Pennino in carcere incontrò esponenti della famiglia Madonia, irritati dal libro sull’infiltrazione di Ilardo in Cosa Nostra e il ruolo dei servizi segreti deviati#Report questa sera su @RaiTre pic.twitter.com/JWOeG0Og9H
— Report (@reportrai3) January 4, 2021
Ma perché questa decisione nei confronti del giornalista di Report? Nel 2010, Sigfrido Ranucci insieme a Nicola Biondo, aveva pubblicato il libro Il Patto. Si trattava di un’inchiesta sull’accordo Stato-mafia che partiva da alcune considerazioni di Luigi Ilardo, un infiltrato dello stato ai massimi livelli di Cosa Nostra che, con il libro di 10 anni fa, cercava di offrire un’immagine diversa di sé, rendendo pubblici alcuni aspetti della stessa trattativa.
I Madonia, però, non andarono fino in fondo. La decisione, infatti, era stata presa in carcere ma – come detto da Pennino – la scelta definitiva doveva essere confermata o respinta da chi stava fuori. E, in quel periodo, la persona più influente per la mafia che ancora non si trovava (e non si trova ancora) in carcere era Matteo Messina Denaro. Fu quest’ultimo a stoppare l’operazione, in base a quanto rilevato da Pennino nel video in cui, parlando con Ranucci, fa la rivelazione scioccante.
Queste parole tracciano un quadro preoccupante dello stato della libertà dell’informazione in Italia. Quest’ultima, soprattutto quando affronta determinati argomenti, delle ferite mai rimarginate della storia del Paese, è in serio pericolo. Se alle minacce mafiose si aggiungono, poi, quelle recapitate a mezzo social (per quanto riguarda Report, ne sono arrivate tante, sempre sullo stesso argomento), il quadro appare completo. E mostra, con urgenza, che bisogna fare qualcosa.