La storia di Lucy, la trans sopravvissuta ai campi di concentramento è senza assistenza
12/01/2018 di Redazione
A 94 anni non ha assistenza per la vecchiaia. Non trova un posto in una casa di riposo. È il difficile, triste, destino di Lucy, nata in Piemonte nel 1924 come Luciano Salani e nota per essere l’unica transessuale sopravvissuta in Italia alla persecuzione nazifascista e ai campi di concentramento. Dopo aver vissuto in prima persona la violenza del regime fascista e aver visto il lager di Dachau, il primo campo di concentramento nazista, oggi si trova ad affrontare anni senza cure adeguate. Nella città in cui vive, Bologna, ma non solo nel capoluogo emiliano, non ci sono strutture che possono ospitare una persona trans. Ne ha parlato il Corriere di Bologna a firma di Beppe Facchini.
Lucy, l’unica trans sopravvissuta in Italia ai campi di concentramento
«È una persona molto energica e non ha grossi problemi di salute, però, a quasi 94 anni, avrebbe bisogno di un’assistenza costante», ha affermato Porpora Marcasciano, presidente del Mit, il Movimento transessuali italiani. «Per tutti gli anziani – ha poi aggiunto – la vecchiaia in solitudine è un grande problema, figuriamoci per una trans senza rete familiare».
Lucy era giunta in Emilia negli anni ’30 insieme ai parenti, ma fu presto ripudiata dal padre e dai fratelli perché considerato un ragazzo «diverso». Durante la guerra Lucy scappò dall’esercito, sfuggì ad un primo campo di concentramento con mille peripezie. Fu poi deportata a Dachau, dove rimase fino alla fine del conflitto. Tornò in Italia nel 1945, visse tra Torino e Roma. A Londra si sottopose all’intervento per il cambio di sesso. All’anagrafe è registrata ancora con il suo nome di battesimo, Luciano, e ciò rende ancora più complicata la ricerca di una casa adatta a lei. «Si tratta dell’unica transessuale sopravvissuta in Italia alle persecuzioni nazifasciste e ai campi di concentramento – ricorda l’avvocato Cathy La Torre, vicepresidente del Mit -. Adesso vive a casa sua ed è aiutata da alcuni volontari del Mit e del Cassero, però avrebbe bisogno di un tipo di assistenza specializzata che noi non possiamo garantire». La speranza è che «le politiche di welfare comincino a tararsi anche sul fatto che non ci sono soltanto i maschi e le femmine: il dualismo di genere non è più una certezza»
(Foto generica di una donna anziana e un adulto da archivio Ansa)