Feltri insulta Orsetti: «È crepato uno che ha fatto il ganassa». E su Silvia Romano: «Non paghiamo per i suoi errori»

20/03/2019 di Enzo Boldi

Già il titolo dell’editoriale di Libero è tutto un programma: «Chi di cecchino colpisce, di cecchino perisce». Poi il contenuto del pezzo scritto da Vittorio Feltri travalica qualsiasi confine del buon senso, arrivando fino all’insulto libero – non a caso – nei confronti di Lorenzo Orsetti, il 34enne fiorentino ucciso a Baghuz (in Siria) mentre combatteva contro le milizie dell’Isis al fianco dei curdi. E il direttore del quotidiano non se la prende solo con lui, ma anche con Silvia Romano. Lui non vuole pagare per quelli che definisce «errori» fatti da altri.

«Dispiace a tutti, un connazionale che va in giro per il mondo e poi crepa in battaglia ci turba e non possiamo che averne pietà – scrive Vittorio Feltri parlando della morte di Lorenzo Orsetti in Siria -. Tuttavia ci domandiamo perché abbia abbandonato la sua specialità di sommelier, non particolarmente stressante, per andare a fare il ganassa in una guerra alla quale nessuno lo aveva obbligato di partecipare».

Vittorio Feltri insulta Lorenzo Orsetti

Ganassa è un termine tipico del dialetto milanese che indica una persona con un atteggiamento da sbruffone. E per Vittorio Feltri Lorenzo Orsetti era proprio una persona così e poi torna sulla sua vita lasciata in provincia di Firenze: «Gli piaceva fare il cecchino, ma un barista doveva sapere che maneggiare la carabina è diverso dal preparare dei cocktail. Un contro è sbronzare i clienti seduti al banco della mescite e un altro è sterminare i musulmani, per quanto crudeli e poco disposti a farsi decimare».

«Io non pago per gli errori di Silvia Romano»

E non finisce così: «In pratica siamo davanti a un signore 33enne che si fa ammazzare come un bischero per il gusto di ergersi eroe nelle zone siriane – scrive Feltri. Per questo merita rispetto, ma anche compatimento». Poi la chiusa finale in cui tira in ballo anche Silvia Romano: «Il suo inutile sacrificio ricorda quello della ragazza milanese, Silvia, emigrata in Kenia per aiutare gli indigeni in povertà e rapita da una banda di mascalzoni. Se mai sarà liberata dovremo sganciare fiori di milioni onde pagare il riscatto. Fare del bene è opera meritoria, però chi è tanto generoso non pretenda né applausi né di rifilare a noi il conto delle sue gesta. Ciascuno è responsabile dei propri errori e orrori».

(foto di copertina da Facebook + ANSA / ETTORE FERRARI)

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