Cibo resistente, la dark kitchen e l’esigenza di aggiungere la dimensione del tempo di consegna
21/04/2020 di Redazione
La prima puntata della rubrica di Lorenzo Biagiarelli Cibo resistente ci fa viaggiare all’interno del mondo della cucina che cambia, dopo questa emergenza coronavirus. Il food-blogger ci aiuta ad analizzare un aspetto che sta caratterizzando la ristorazione in questa fase difficile, con i locali chiusi in seguito alle misure per il lockdown. Il food-delivery è un aspetto importantissimo in questa fase e sta per conquistare anche le cucine stellate.
Lorenzo Biagiarelli ci spiega il concetto di dark kitchen
Non è un caso, ad esempio, che Grant Achatz (chef tristellato nel suo Alinea di Chicago) abbia proposto un menu a domicilio per il periodo di Pasqua: menu anni Ottanta e un costo di 50 dollari, quando per prenotare al tavolo base del suo ristorante ne servirebbero almeno 200. In Italia, il concetto è stato ripreso, tra gli altri, anche da Carlo Cracco che ha proposto, nel suo menu a domicilio, anche le lasagne di carciofi.
Parliamo a tutti gli effetti, dunque, del concetto di dark kitchen o di ghost kitchen, quelle cucine professionali che non hanno sale, camerieri e vetrine, ma che preparano il loro cibo per essere consegnato. Fino a questo momento, le dark kitchen avevano nel catering il loro strumento principale. Adesso, però, sono tanti i ristoratori che cercano di applicare questo concetto al consumo privato. Inevitabile, però, aggiungere una ulteriore dimensione a questo tipo di cucina, quella del tempo di consegna. Come la storia dello spaghetto che termina la sua cottura nel tragitto tra il ristorante e l’abitazione.