Dopo quanto dichiarato da Giuseppe Conte a Montecitorio e Palazzo Madama, l’Italia si dividerà in tre macro-zone individuate in base alla situazione epidemiologica locale. Il dato che viene preso in considerazione è il tasso di contagiosità del virus che, in alcune Regioni d’Italia, è superiore a quota 2. Perché se la media nazionale parla di un valore che si attesta – secondo l’ultimo rilevamento dell’Istituto Superiore di Sanità – a 1,7, ci sono zone in cui la situazione rischia di diventare ancor più fuori controllo. Per questo si parla di Lombardia e Piemonte zone rosse. Ma anche altre Regioni rischiano di dover adottare provvedimenti ancor più stringenti.
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Perché il prossimo provvedimento – che dovrebbe arrivare tra la giornata di oggi e quella di domani, mercoledì 4 novembre – indica alcune misure restrittive a livello nazionale e altre a livello locale (regionale o comunale, con le decisioni concordate insieme a Presidenti e sindaci) in base ai dati epidemiologici territoriali. Al momento, secondo l’ultimo rilevamento dell’ISS – datato venerdì 30 ottobre – quella a bassa circolazione di virus sono Basilicata, Sardegna e Molise, inserite nella zona verde.
Poi c’è la zona gialla. Non si parla di geografia, ma di evidenze numeriche: in questa area, al momento, si inseriscono la maggior parte delle Regioni: dal Lazio alla Campania, passando per Veneto, Abruzzo, Marche, Umbria, Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Friuli Venezia Giulia e la Provincia Autonoma di Bolzano. Queste sono i territori in cui, secondo lo schema annunciato lunedì da Giuseppe Conte, ci saranno misure intermedie: dalla DAD (didattica a distanza) per le superiori, passando per la chiusura di bar e ristoranti che potranno solamente lavorare con consegna a domicilio.
Poi ci sono le Regioni con una situazione più complicata, dove il tasso di contagiosità del virus supera quota due. Per questo si sta parlando insistentemente di Lombardia e Piemonte zone rosse, basandosi sui dai RT superiori a 2. Qualora si optasse per questa decisione, ci sarebbe un lockdown molto simile a quello del mese di marzo, ma solo a livello locale: aperte solo le industrie, spostamenti limitati a motivi lavorativi, di salute o comprovate necessità – quindi con autocertificazione -, chiusura dei negozi (esclusi supermercati, generi alimentari e beni di prima necessità) e scuole aperte solo fino alla prima media. E in quest’area, visti i dati, potrebbero entrare anche Sicilia, Calabria e Valle d’Aosta.
(foto di copertina: da Pixabay)