Siete andati a leggere i commenti al post della Meloni contro il prof del libro capovolto?

Sul tema haters, ormai, è un tutti contro tutti. Chi si lamenta, attira a sua volta altri commenti odiosi nei confronti di chi ha "gettato la prima pietra"

30/05/2021 di Gianmichele Laino

La situazione potrebbe trovare una sua giustificazione soltanto se fosse una guerra di tutti contro tutti. Ma non lo è, quindi occorrerebbe analizzarla in maniera oggettiva. Un docente dell’università Ca’ Foscari di Venezia, Simon Levis Sullam, ha postato – qualche giorno fa – una foto di una libreria Feltrinelli in cui i libri di Giorgia Meloni in esposizione erano stati capovolti. La leader di Fratelli d’Italia ci ha visto un riferimento a piazzale Loreto e ha accusato il docente di odio nei suoi confronti. Nonostante il chiarimento dello stesso docente – che ha parlato di una cattiva interpretazione del suo post «fatto oggetto di strumentalizzazione politica» – Giorgia Meloni è andata avanti con la campagna che ha messo al centro, nelle sue comunicazioni sui social network, il docente di cui sopra. Ovviamente sono stati contenuti con centinaia, anzi migliaia di interazioni. Nel frattempo, Simon Levis Sullam ha cancellato il suo post e l’università Ca’ Foscari ha annunciato una valutazione di eventuali provvedimenti disciplinari nei suoi confronti.

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Libro Meloni capovolto, dall’accusa di essere vittima di odio, ai commenti di odio

Nel momento in cui abbiamo analizzato la leggerezza con cui un docente universitario ha postato sui social network una fotografia che, evidentemente, lui riteneva divertente e degna di essere condivisa, non possiamo non sottolineare come – in nome della lotta all’odio sui social network -, facendo diversi post sull’argomento, non si fa altro che dare ancora maggiore amplificazione a quello stesso odio sui social network. Basta andare a leggersi qualcuna delle tantissime frasi che i followers di Giorgia Meloni hanno dedicato al docente della Ca’ Foscari per rendersi conto del livello del dibattito. Citazioni nostalgiche che, anche se il copyright originale non è di Mussolini, ormai sono entrate a far parte della retorica fascista («molti nemici, molto onore»), offese personali («pidiota» è quella più gentile), giudizi di merito sull’attività accademica («questo ignorante sarebbe uno studioso?»). Senza contare le altre discussioni che si sono sviluppate anche all’esterno dei social di Giorgia Meloni e che hanno accompagnato una foto diventata ormai virale.

Giorgia Meloni si è lamentata per l’utilizzo dei social network da parte del docente universitario che ha mostrato la foto dei suoi libri capovolti. Sta facendo, ormai, un post al giorno sull’argomento. Ma in questo modo, non fa altro che alimentare ulteriore odio sui social network. Pensiamo, poi, alla sua posizione all’indomani delle indagini e delle perquisizioni che hanno coinvolto gli haters del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. In quel caso, dopo le indiscrezioni di stampa legate al fatto che le persone coinvolte appartenessero ad ambienti della destra italiana (tra gli indagati c’era anche un docente universitario, così continuiamo con il parallelismo), la leader di Fratelli d’Italia aveva detto: «Mi auguro ci siano ragioni solidissime per la retata nei confronti di 11 persone accusate di una “rete sovranista” su internet e forse di “vilipendio al Presidente della Repubblica”. Altrimenti ci troveremmo davanti a un episodio che ricorda i peggiori regimi autoritari».

Quando si mostrano libri capovolti, si grida all’odio, alle minacce sui social e ai riferimenti a piazzale Loreto. Quando si offende il presidente della Repubblica si invoca la libertà di espressione e si manifestano timori per «episodi che ricordano i peggiori regimi autoritari». È il doppiopesismo, che si acuisce ancor di più quando – nel dibattito – si cita anche il ddl Zan, mettendo tutto nello stesso calderone. Dovremmo ricordarci tutti com’è che ci siamo arrivati a questo punto di degenerazione sui social network, senza invocare fuori contesto la libertà d’espressione.

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