Il titolo di Libero «Piange il Pd. Che bello» si può spiegare solo con l’involuzione da social network

La scelta del quotidiano diretto da Sallusti e Senaldi è molto discutibile, ma si inserisce bene nelle polemiche contro Facebook

28/10/2021 di Gianmichele Laino

Premessa. Questa non è una catilinaria sul ddl Zan, né tantomeno sullo schieramento politico dei giornali italiani. Anzi: evviva la possibilità di esprimere opinioni in maniera libera. Tuttavia, questa è una riflessione sullo stile sguaiato, divisivo e aggressivo che alcune testate hanno assunto. Il titolo di Libero sul ddl Zan, scelto per aprire l’edizione cartacea del 28 ottobre, è stato: Piange il Pd. Che bello. Una sorta di esultanza – simile a quella dei senatori dell’emiciclo di destra che, nel momento stesso in cui il provvedimento contro l’omotransfobia è stato affossato a Palazzo Madama, si sono alzati in piedi per urlare e applaudire – che poco ha a che fare con i canoni tradizionali del giornalismo e che, invece, molto ha a che vedere con l’aspetto più deteriore dei social network.

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Titolo di Libero sul ddl Zan e la sua chiave di lettura in ottica social

Nella giornata di ieri, il Washington Post – nell’ambito della lunga lista di contenuti emersi dai cosiddetti Facebook Leaks – ha messo in evidenza una certa insoddisfazione interna, nello staff del social network di Menlo Park, per il modo in cui la piattaforma si comportava con i contenuti polarizzanti. Si citava, in particolar modo, il caso di BuzzFeed. Per i pochi che non la conoscessero, si tratta di una testata americana che ha iniziato ad avere successo grazie ad articoli fortemente orientati allo “strano ma vero”, all’acchiappaclick, ai video di animali, caratterizzati da titoli polemici, talvolta sfrontati. Si trattava di contenuti che avevano molto successo sui social network. Poi, però, ha iniziato a fare articoli di spessore, contenuti di primo piano. Ha persino vinto il premio Pulitzer. Bene: dal board di BuzzFeed si lamentavano del fatto che i suoi contenuti di qualità venivano premiati meno dall’algoritmo di Facebook rispetto ai suoi articoli della vecchia linea editoriale. 

Cosa c’entra tutto questo con il titolo di Libero sul ddl Zan? C’entra perché – per assecondare il criterio di distribuzione delle notizie su Facebook – i quotidiani, evidentemente non solo italiani, hanno iniziato da un certo momento in poi a fare dei titoli che non rispecchiassero esclusivamente la notizia, ma che aggiungessero al loro interno anche un aspetto polarizzante, una venatura polemica, un tono irriverente (Piange il Pd. Che bello). Più che opera di titolisti, erano frasi frutto di creators, di influencer delle notizie, di autori. Il tutto con l’obiettivo di comparire più volte e più in alto nei feed degli utenti.

L’estremizzazione del concetto e lo spostamento dei criteri anche sui giornali cartacei

Il caso del titolo di Libero è una estremizzazione del concetto. A forza di fare di questa prassi un’abitudine, si è arrivati a utilizzare lo stesso tono anche sui giornali cartacei. Su quelli, per intenderci, dove l’algoritmo di Facebook non ha alcun potere. Ma le persone, che sono “utenti”, “followers” anche – purtroppo – quando vanno in edicola, sono state abituate a ragionare secondo questo canone estetico, quando si parla di giornalismo. Alla fine, nessuno spiegherà le motivazioni in base alle quali il ddl Zan – un disegno di legge già non perfetto, ma che rappresentava comunque un passo avanti in tema di diritti – sia naufragato. Nessuno illustrerà o darà peso specifico agli schieramenti che a Palazzo Madama si sono rimescolati a tal punto da formare una nuova maggioranza. Nessuno racconterà esattamente cosa è successo ieri (in molti, nelle chat su Telegram, erano convinti che il ddl Zan fosse stato “abolito”, quando – in realtà – non è mai stato approvato). Si farà leva su questa ambiguità e si userà il titolo più divisivo per enfatizzarla. Grazie, Facebook.

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