Libero dovrebbe aspettare il voto in Parlamento prima di dire che Mattarella non è presente

Oggi, il quotidiano cerca di tirare per la giacchetta il Capo dello Stato

18/01/2021 di Gianmichele Laino

Oggi, sembra che il populismo abbia individuato come bersaglio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Si è quasi come in attesa di un colpo di mano, di una forzatura da parte di un uomo di potere, il desiderio mai sopito di una parte di cittadini italiani di avere un unico decisore politico nell’iter istituzionale. La scelta di Libero su Mattarella può essere una spia di questo umore del Paese. La scelta a tutta pagina è di quelle che farebbero sobbalzare qualsiasi capo dello Stato: Mattarella, se ci sei batti un colpo. Il resto lo fa l’editoriale di Vittorio Feltri che sostiene che il presidente della Repubblica sia poco presente in questa crisi di governo.

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Libero su Mattarella e la sua “poca presenza” durante questa crisi

Innanzitutto, proviamo a smentire questa presunta “scarsa presenza” di Mattarella con i fatti. Quando si sono accesi i riflettori su questa crisi di governo (attenzione: quest’ultima non era ancora stata nemmeno innescata, dal momento che le due ministre di Italia Viva non avevano ancora compiuto l’atto formale delle proprie dimissioni), Giuseppe Conte è salito al Quirinale per ben due volte. L’ultima delle quali poco prima che Renzi andasse in conferenza stampa a comunicare la propria decisione.

È seguita, immediatamente, l’intenzione del presidente del Consiglio di andare in aula a verificare i suoi numeri e quelli della sua maggioranza. Insomma, contrariamente rispetto a quanto fatto in questi ultimi decenni, il presidente del Consiglio ha deciso di parlamentarizzare la crisi. Di presentarsi davanti a Camera e Senato per verificare i numeri della sua maggioranza. Probabile che un’indicazione di questo genere sia stata comunicata (o addirittura ispirata) nel colloquio con il capo dello Stato Sergio Mattarella.

La crisi in Parlamento

Poi, arrivano gli eventi. Oggi, lunedì 18 gennaio, e domani, martedì 19 gennaio, il presidente del Consiglio farà le sue comunicazioni in parlamento. Sarà quella la sede per verificare la fiducia della maggioranza nei suoi confronti. Prima di allora – domani, il passaggio al Senato sarà molto più determinante rispetto a quello di oggi alla Camera – il presidente della Repubblica non potrà far altro che osservare una situazione di cui, tra le altre cose, è perfettamente edotto. Che, anzi, ha contribuito in maniera decisa a incoraggiare nel pieno rispetto delle sue funzioni e delle istituzioni: negli anni precedenti, le dimissioni dei presidenti del Consiglio sono avvenute principalmente fuori dalle aule parlamentari, mentre soltanto Romano Prodi (per ben due volte) si è dimesso dopo che il rapporto di fiducia era venuto meno alla Camera o al Senato.

Invocare il presidente della Repubblica prima del passaggio parlamentare, dunque, è irrituale. Così come appare in controtendenza rispetto agli eventi degli ultimi giorni la frase usata da Vittorio Feltri: «Il Quirinale – ha scritto l’editorialista – non è in grado di gestire in modo decente [la crisi], anche solo dal punto meramente formale».

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