Cosa hanno deciso i giudici americani sulla legge “anti-TikTok”

È stato respinto il ricorso presentato da ByteDance che impone la vendita della piattaforma a soggetti statunitensi per poterla mantenere attiva negli USA

09/12/2024 di Enzo Boldi

Sono servite ben 91 pagine per spiegare i motivi per cui, secondo i giudici americani della Corte d’Appello del distretto della Columbia, la cosiddetta legge anti-TikTok fosse legittima. Una risposta molto attesa e che – almeno per il momento, in attesa del pronunciamento finale della Corte Suprema a stelle e strisce o eventuali decisioni da parte della nuova amministrazione americana che si insedierà all’inizio del nuovo anno – rischia di rappresentare la pietra tombale sul futuro della piattaforma social sul suolo statunitense.

LEGGI ANCHE > Ora TikTok rischia seriamente il ban negli Stati Uniti

Il ricorso da parte di ByteDance è stato presentato a metà settembre, come penultimo tentativo di frenare l’entrata in vigore di quella legge votata – bipartisan – dal Parlamento americano su spinta dell’amministrazione Biden. Una norma che vincola la sussistenza e permanenza della piattaforma negli Stati Uniti alla vendita della stessa a un soggetto americano. Insomma, un qualcosa di molto simile a quanto voleva fare Donald Trump nel 2020. Ma perché i giudici hanno respinto il ricorso d’urgenza?

Legge anti-TikTok, cosa hanno deciso i giudici americani

Scorrendo lungo le 91 pagine della sentenza, vengono spiegati nel dettaglio i motivi per cui – secondo la Corte d’Appello del distretto della Columbia – la legge anti-TikTok non sia da considerare come una forzatura. Infatti, si parla espressamente di una corretta valutazione dei rischi per la sicurezza nazionale che, di fatto, superano ogni qualsivoglia discorso relativo al Primo Emendamento, quello sulla libertà di espressione (tema al centro del ricorso presentato da ByteDance):

«Il Primo Emendamento esiste per proteggere la libertà di parola negli Stati Uniti. Qui il Governo ha agito esclusivamente per proteggere quella libertà da una nazione avversaria straniera e per limitare la capacità di quell’avversario di raccogliere dati sulle persone negli Stati Uniti». 

Questo era lo scoglio principale che, secondo i giudici, viene superato da una gerarchia di intervento: la libertà nazionale ha un livello superiore rispetto alla libertà di parola. Inoltre, la stessa Corte d’Appello – in un altro passaggio della sentenza – sottolinea:

«Gli sforzi pluriennali di entrambi i rami politici per indagare sui rischi per la sicurezza nazionale posti dalla piattaforma TikTok e per valutare i potenziali rimedi proposti da TikTok, pesano fortemente a favore della legge […] La legge è stata il culmine di un’ampia azione bipartisan da parte del Congresso e dei presidenti successivi. È stata attentamente elaborata per gestire solo il controllo da parte di un avversario straniero, e faceva parte di uno sforzo più ampio per contrastare una minaccia alla sicurezza nazionale ben fondata posta dalla Repubblica Popolare Cinese». 

Dunque, sono stati accettati dai giudici i punti-chiave di questa normativa che, ora, potrebbe mettere la parola fine sull’esistenza di TikTok negli Stati Uniti. A meno che la nuova amministrazione Trump – primo promotore, nel 2020, di una legge simile – non decida di cancellare tutto. O, a meno che la Corte Suprema non chieda una revisione di questa sentenza e, di conseguenza, degli effetti di questa legge.

La posizione di TikTok

Alla luce della sentenza dei giudici della Corte d’Appello americana (Distretto della Columbia) un portavoce di TikTok ha commentato:

«La Corte Suprema vanta una lunga tradizione nella tutela del diritto alla libertà di espressione negli Stati Uniti, e confidiamo che agirà con la stessa determinazione su questa rilevante questione costituzionale. Purtroppo, il ban di TikTok è stato ideato e sostenuto basandosi su informazioni inesatte, fuorvianti e speculative, configurandosi come una vera e propria forma di censura nei confronti del popolo americano. Se non sarà fermato, questo divieto rischia di soffocare le voci di oltre 170 milioni di americani negli Stati Uniti e in tutto il mondo a partire dal 19 gennaio 2025». 

Share this article
TAGS