Le Big Tech possono fornire i dati delle utenti “colpevoli” di avere abortito illegalmente?
Google, Meta e Amazon con l'enorme mole di dati che possiedono hanno il potenziale per incriminare una persona
29/06/2022 di Clarissa Cancelli
Le Big Tech possono consegnare alle forze dell’ordine i dati delle utenti sospettate di avere abortito illegalmente? La risposta è sì, potrebbero farlo. Come è noto, aziende come Google e Meta possiedono una enorme mole di dati personali, comprese informazioni su dove siamo stati, che cosa abbiamo fatto, cosa abbiamo comprato, con chi abbiamo parlato e addirittura cosa abbiamo detto.
LEGGI ANCHE >>> Perché i contenuti relativi all’aborto su Instagram sono stati limitati?
Le Big Tech possono fornire i dati delle utenti “colpevoli” di avere abortito?
Su Google si possono cercare informazioni mediche e su Amazon comprare determinati prodotti. E se queste informazioni finissero nelle mani di chi conduce delle indagini per rintracciare le donne “colpevoli” di avere abortito in uno stato dove è proibito farlo? Le grandi piattaforme non si sono affrettate a chiarire come gestiranno le richieste legali relative ai procedimenti per aborto. Ma le loro policy relative ai dati degli utenti sono chiare: «Come le altre società di tecnologia e comunicazioni, Google riceve regolarmente richieste da governi e tribunali di tutto il mondo di divulgare i dati degli utenti – dichiara la società nella sua politica sulla privacy -. Il nostro team legale esamina ogni singola richiesta, indipendentemente dal tipo, e spesso respingiamo quando una richiesta sembra essere eccessivamente ampia o non segue la procedura corretta». La preoccupazione riflette il modo in cui le pratiche di raccolta dei dati di aziende come Google di Alphabet, Meta e Amazon abbiano, di fatto, il potenziale per incriminare le persone: leggi alle quali molti nella Silicon Valley si oppongono. Amazon ha affermato che deve rispettare «ordini validi e vincolanti», ma il suo obiettivo è fornire «il minimo» richiesto dalla legge. Eva Galperin, direttrice della sicurezza informatica presso la Electronic Frontier Foundation, ha scritto su Twitter: «La differenza tra ora e l’ultima volta che l’aborto è stato illegale negli Stati Uniti è che viviamo in un’era di sorveglianza digitale senza precedenti». «È molto probabile che ci saranno richieste a quelle società tecnologiche per informazioni relative alle cronologie delle ricerche, ai siti Web visitati», aveva detto Cynthia Conti-Cook, un membro della tecnologia presso la Ford Foundation. Tuttavia, e non è un mistero, ci son tanti modi per bypassare Google e Meta e ottenere comunque i dati desiderati. Basti pensare ai broker. Per questo diventa sempre più importare cercare di tutelare al massimo la propria privacy, soprattutto online, limitando, per quanto possibile, l’accesso ai dati. Inoltre, in ballo c’è un altro grande tema: per paura di essere rintracciate, le persone potrebbero evitare di cercare online informazioni importanti per la loro salute.