Lazio: dove sono i focolai di Covid-19 e perché la Regione paventa un nuovo lockdown

Il Lazio torna ad avere paura del Covid-19. Si, perché se i nuovi contagi nella Regione erano nella giornata di ieri “appena” 17, le dinamiche di questi giorni hanno messo in evidenza focolai pericolosi di nuovi coronavirus, prevalentemente legati alla comunità bengalese, ma che potrebbe essersi espansi a tutta la cittadinanza e minacciare da vicino anche la Capitale. Sono due, in ordine di tempo, i nuovi cluster individuati dalle autorità sanitarie, legati a sei cittadini di origine bengalese che condividevano insieme un appartamento. Uno degli inquilini era impiegato a “La Vela”, stabilimento balneare di Ostia, come lavapiatti, l’altro in un ristorante del marchio World Wild West a Dragona. Sono stati già effettuati i tamponi ai dipendenti dello stabilimento, risultati negativi, mentre si apprende che l’uomo si era recato al lavoro anche in presenza di sintomi influenzali. Tamponi a tappeto anche per i dipendenti del ristorante a Dragona: entrambi gli esercizi commerciali sono stati chiusi tempestivamente.

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Pubblicato da Old Wild West Dragona su Sabato 18 luglio 2020

L’allarme della Regione e i focolai degli scorsi giorni

E le nuove dinamiche di contagio spingono tutti a esercitare la massima attenzione, Regione compresa, con l’assessore alla Salute Alessio D’Amato che non ha tardato a paventare un nuovo lockdown: «Rivolgo un appello all’utilizzo della mascherina o si dovrà richiudere. Non possiamo tornare indietro e disperdere gli sforzi fatti fin qui. Dobbiamo usare la mascherina o rischiamo nuovi casi come in Catalogna». Un monito che rischia di cadere nel vuoto: mentre a Roma, in quartieri simbolo come Trastevere, San Lorenzo e Monti, si chiudono le piazze simbolo dell’estate capitolina, durante i controlli del fine settimana la polizia ha chiuso un locale in cui sono state trovate 80 persone a ballare senza mascherine e senza distanziamento.

Ma a preoccupare sono i contagi diffusi all’interno della comunità straniera che potrebbe far deflagare nuovamente il virus in assenza di controlli. Dei 17 casi di ieri infatti, 10 sono di “importazione” e hanno riguardato cittadini di Bangladesh, India, Iraq e Pakistan. Proseguono da giorni, a tappeto, i test all’interno della comunità bangalese, mentre la Capitale si trova a fare i conti con casi come quello del commerciante bengalese di Torpignattara (quartiere multietnico della Capitale), ricoverato la scorsa settimana per Covid. L’uomo, nonostante i sintomi, avrebbe incontrato “centinaia di persone” prima di venire a conoscenza di essere positivo al Covid-19. O come il caso di un altro cittadino di origine bengalese, che nonostante la positività al Covid-19, ha viaggiato, nei primi di luglio tra Rimini e Roma, prima di essere fermato alla Stazione Termini con febbre e tosse. Storie che hanno messo in allarme le autorità regionali, impegnate in una massiccia campagna di tamponi, soprattutto all’interno della comunità bengalese, per evitare un nuovo “lockdown alla catalana” che avrebbe conseguenze devastanti, anche da un punto di vista economico.

 

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