La Spagna rinuncia al Mes e ai fondi del Recovery Fund non a fondo perduto

Mentre in Italia impazza il dibattito sul Mes, la Spagna potrebbe rinunciare anche al credito del Recovery Fund: ecco perché

19/10/2020 di Daniele Tempera

Mentre in Italia non si placa la polemica sui soldi del Mes, la Spagna sembra orientata a rinuciare non solo al Mes, ma anche al pacchetto di finanziamenti del Recovery Fund erogati in forma di credito. A Madrid, l’Esecutivo socialista di Sanchez ha fatto intendere che il suo Governo prenderà solo i finanziamenti a fondo perduto provenienti dall’Unione Europea e non i prestiti che implicano una restituzione di denaro con relativi tassi di interesse (seppur molto bassi). La Spagna era infatti riuscita a strappare ben 140 miliardi dall’accordo sul Recovery Fund comunitario: una cifra composta per metà di prestiti per l’altra di finanziamenti a fondo perduto. Prestiti che avrebbero comunque comportato un aumento del debito pubblico del Paese. Secondo quanto riferito da El Pais  Il Governo spagnolo si riserva questa possibilità solo se le cose dovessero peggiorare ulteriormente durante il periodo compreso tra 2024 e 2026.

Le ragioni di una scelta apparentemente irrazionale

Ed è lo stesso quotidiano di Madrid a spiegare le ragioni di una scelta apparentemente irrazionale. Il punto è che grazie alle politiche espansive promosse dalla BCE con gli acquisti multimilionari di titoli pubblici sovrani, i tassi di interesse che i singoli stati nazionali pagano per l’emissione di nuovo debito si sono abbassati notevolmente. Gli ultimi Btp decennali emessi dal nostro Tesoro sono stati collocati sui mercati a tassi al minimo storico, il che rende di fatto molto meno appetibile accedere a un finanziamento condizionato quale il Mes o i prestiti del Recovery Fund (anche se si basano, ricordiamo, su tassi di interesse molto vantaggiosi per i Paesi membri). Francoforte ha inoltre dichiarato, lo scorso giugno, che prolungherà il Pepp – nome tecnico acronimo di Pandemic emergency purchase programme- almeno fino all’estate 2021.  Parliamo di un programma di 1350 miliardi promosso dalla BCE per l’acquisto di titoli di stato europei e per garantire la stabilità finanziaria nell’area UE.

Come corollario El Pais ricorda le non chiare condizionalità che seguono l’elargizione del credito che, specialmente nei Paesi del Sud Europa, fa insorgere il dubbio che Bruxelles arrivi prima o poi a chiedere aggiustamenti strutturali sul debito pubblico, magari nel post-pandemia. Il terzo punto, citato dal quotidiano spagnolo è il dubbio se alcune nazioni europee (in questo caso sotto la lente è Madrid) abbiano la capacità amministrativa di spendere efficientemente tutto questo afflusso di denaro in così poco tempo.

Finora l’unico a ribadire pubblicamente che rinuncerà ai crediti del Recovery Fund, ma che farà ricorso solo agli aiuti a fondo perduto del fondo è stato il Portogallo di Antonio Costa. Il premier spagnolo è stato meno esplicito, ma nella prima bozza inviata alla Commissione la Spagna fa riferimento solo ai finanziamenti a fondo perduto e non ai prestiti. La linea sembra essere quella di richiedere linee di credito solo in caso di necessità.

Il varo del Recovery Fund intanto procede a rilento. Non c’è accordo tra la Commissione, la presidenza tedesca e il Parlamento Europeo su molti dettagli che renderebbero concreto il piano di rilancio dell’economia europea, ribattezzato “Next Generation Eu” e i primi fondi potrebbero arrivare non prima della seconda metà del 2021. Proprio mentre tutto il Continente è impegnato nella seconda ondata di Covid-19 e lo spettro di una debacle sanitaria, ma anche economica e sociale, torna a far paura.

 

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