La moglie di Bossi, la baby pensionata che dirige la Lega
26/10/2011 di Tommaso Caldarelli
Manuela Marrone è una delle figure più controverse del Carroccio
Dietro ad ogni uomo c’è sempre una grande donna, luogo comune che torna indubbiamente utile a questo punto se si tratta di raccontare la storia di Manuela Marrone, che di Umberto Bossi è la seconda moglie ma, secondo alcuni, qualcosa di ben più. La moglie del leader del Carroccio è tornata ieri sera all’onore delle cronache quando Gianfranco Fini, presidente della Camera, traditore della causa berlusconiana e del PdL e ospite a Ballarò, ha ritenuto giusto fare “il cattivo”. Esplicitamente. Ritirando fuori la storia della baby Pensione di Lady Bossi: “C’è una maestra elementare che è andata in pensione a 39 anni. Questa persona è la moglie di Umberto Bossi”.
L’ATTACCO A LADY BOSSI – Mariastella Gelmini, ministro dell’Istruzione ospite dall’altra parte della stanza, ha tentato di abbozzare una linea di difesa: “Non è vero, sono andata alla Bosina poco tempo fa e ancora insegnava” (la Bosina è la scuola di Varese di rito strettamente leghista di cui Manuela Marrone è direttrice e fondatrice – ci torneremo fra un attimo). E oggi le parole di Gianfranco Fini hanno causato la solita baraonda: una vera e propria rissa nei locali della Camera dei Deputati, le foto della quale sono state diffuse su Facebook dal deputato Pd Roberto Giachetti.
A prendere la parola è stato il capogruppo Marco Reguzzoni.
E’ assolutamente inopportuno il comportamento di Fini in questi giorni, che si sieda in una trasmissione televisiva alla pari di altri leader politici. E’ inopportuno che il presidente esprima valutazioni politiche. Allora non può ricoprire in senso alto il suo ruolo. C’è poi la caduta di stile di coinvolgere nel dibattito politico la miglie di un ministro, offendendo chi usufruisce di trattamenti pensionistici in regola all’epoca. E’ una caduta di stile verso un gruppo che non ha mai usato il gossip
“Dimissioni, dimissioni”, urla il gruppo leghista. Fabrizio Cicchitto, omologo PdL, ha già annunciato che investirà della questione direttamente il Quirinale, che sarà ben felice di riceverlo per un cordiale tè e ricordargli, come venne correttamente argomentato ai tempi del caso Montecarlo, che non v’è alcuna possibilità ammessa nel nostro ordinamento per defenestrare un presidente della Camera legittimamente insediato.
LA BABY PENSIONE – Ma quel che dice Fini è vero? La moglie del leader carismatico della forza politica che si oppone all’innalzamento dell’età minima per le pensioni di anzianità ha ricevuto una baby pensione d’oro all’età di 39 anni? La storia era stata raccontata da Mario Giordano nel libro Sanguisughe, e ripresa da Luca Telese sul Fatto Quotidiano.
La moglie di Umberto Bossi, Manuela Marrone, riceve un trattamento previdenziale dal lontano 1992, da quando, cioè, alla tenera età di 39 anni, decideva di ritirarsi dall’insegnamento. (…) La signora Bossi, d’altronde, ha molto tempo libero perché riceve un vitalizio regolarmente. “Aveva diritto a prendere i suoi 766,37 euro al 12 di ogni mese, ha diritto a percepire l’assegno, che in effetti incassa regolarmente da 18 anni, da quando suo figlio Renzo, il Trota, andava in triciclo, anziché andare in carrozza al consiglio regionale” (Già, perché se tra pensione, parlamento e Regione, se non ci fosse lo Stato assistenzialista, il reddito di casa Bossi passerebbe da quasi trecentomila euro a zero).
Insomma è confermato: la signora Bossi è uno dei tanti assistiti dallo Stato, pensionati d’oro con una quantità di anni di servizio ben sopportabile sulle spalle. Quel che dice Fini è vero, e se fa arrabbiare la Lega saranno problemi suoi.
L’EMINENZA GRIGIA – Ma la vicenda della baby pensione della signora Bossi è solo un aspetto delle poche, selezionate eppure importanti fotografie che di lei sono uscite in questi anni. Nell’addentrarsi nell’universo della Lega Nord, arrivando fino al gruppo dirigente che la guida, i fedelissimi di Bossi o “cerchio magico”, ci si imbatte ben più di una volta nel suo nome e nel suo ruolo: “La vestale”, “l’anima nera”, “l’intelligenza guida”, “la vera leader occulta del Carroccio”. Chissà: di lei si conosce poco. Fu un articolo di Panorama, neanche un mese fa, a metterla al centro dell’attenzione, e ancora si ricordano gli urli degli esponenti della Lega, per nulla contenti del favore ricevuto: secondo il mensile berlusconiano, era stata proprio Lady Marrone a costituire, dopo la malattia dell’Umberto (altra storia su cui le leggende metropolitane si sprecano), il favoloso cerchio magico dei fedelissimi; di cui si sarebbe poi posta, prevedibilmente, a capo.
E’ stata lei a scegliere Rosi Mauro, attuale vicepresidente del Senato, per affiancare Bossi, dopo la malattia, tenendogli il braccio quando saliva con passo esitante sul palco per un comizio. Perrnettendole, nella sua veste di badante, di acquistare forza e pome al punto da arrivare a scrivergli l’agenda, a scegliere gli uomini della scorta, a decidere chi poteva avvicinarlo. E a scacciare chiunque potesse Costituìre un pericolo con la rabbia di un masúno. È stata Manuela a decidere che Marco Reguzzoni, l’anuale capogruppo leghista a Montecitorio, dovesse diventare il delfino di Bossi con il compito iniziale di afïìancare il figlio Renzo, che quando Bossi aveva ancora una cena presenza di spirito ha soprannominato «il Trota».
E in questo senso si potrebbe leggere l’ascesa della corrente maroniana all’interno del Carroccio: non un’opposizione a Umberto Bossi, ma anzi, una sorta di movimento di liberazione del leader, che sempre su Panorama veniva definito “segregato” e imprigionato da questo quadrato creatogli dalla moglie a difesa e protezione.
«lo preferirei definirla l’anima nera del movimento» spiega a Panorama un giovane sindaco della provincia di Varese, che si maroniano anche se il ministro dell’lnterno (che ora ritiene poco opportuna la resa dei conti fra le due anime del partito) recentemente abbia dichiarato: «I maroniani non esistono». Eppure, i simpatizzanti di Bobo non mollano. «Lei è l’anima nera della Lega perché il movimento padano è un patrimonio di tutti e non proprietà privata della famiglia» insiste un dirigente varesino del partito, chiedendo l’anonimato per non finire sulla lunga lista di proscrizione di Lady B. «Matrona, patrona e un po’ terrona» la definisce in modo sbrigativo un altro sindaco che ha intuito in anticipo il suo potere e ha cercato un chiarimento con lei (con lei, non con Bossi) un anno fa, ottenendo il risultato di finire sulla lista nera.
Questa, secondo le testimonianze dei leghisti di base, il ruolo di Lady Bossi.
CHI TOCCA MUORE – Quando uscì quest’articolo, come dicevamo, scoppiò il delirio. “L’attacco portato alla moglie di Umberto Bossi è ignobile, inqualificabile, ingiustificato e totalmente privo di senso”: Roberto Calderoli; “Se qualcuno pensa che queste menzogne costruite ad arte possano intaccare l’affetto che i militanti hanno per Bossi e sua moglie Manuela si sbaglia di grosso. Queste illazioni fanno fare solo una brutta figura a chi le ha pubblicate”: Federico Bricolo; “nella Lega siamo come una famiglia perché così ci ha insegnato Umberto Bossi. Le divisioni le inventano gli altri perché sanno che questa è la nostra forza”: Roberto Cota. E Reguzzoni querela tutti, mentre persino Silvio Berlusconi, editore di Panorama, si dovette dissociare pubblicamente dalla sua rivista: e guarda caso, ad arrabbiarsi furono solo esponenti di questo cerchio magico, vero o presunto. Non si registrano repliche così piccate da parte degli “inesistenti” Maroniani, ovvero Roberto Maroni e – chissà ancora per quanto – Flavio Tosi. Insomma, chi tocca lady Bossi muore, e stando a ciò che scriveva Panorama, lei sa farsi benissimo giustizia da sola, senza aspettare l’aiuto delle truppe cammellate. I giudizi della base su di lei hanno dei toni impensabili.
«La Manuela? Una baby pensionata che è riuscita a ottenere finanziamenti statali da Roma ladrona per la sua scuola e sta trascinando la Lega verso il baratro»
Un attimo: che storia è questa?
LA BOSINA – Della baby pensione abbiamo già parlato: ma i soldi per la scuola? Parliamo della Bosina, ovviamente, del polo scolastico parificato in quel di Varese – elementari, medie e liceo linguistico – che si presenta come “la scuola del territorio”.
La scuola della tua terra, che mette l’individuo bambino al centro del proprio processo educativo.
La scuola della nostra terra l’ha inventata Manuela Marrone nel 1998, con il nome di Libera Scuola dei Popoli Padani, e il dirigente scolastico Valeria Bianchi ci spiega perché poi è così importante chiamarsi bosini (è il nome tradizionale degli abitanti di Varese) e che cosa si insegni alla scuola Bosina.
In un mondo ormai convogliato verso il concetto di globalizzazione, prende sempre più concretezza l’esigenza di acquisire consapevolezza di se stessi. Per i nostri allievi e per tutto il personale operante nella Scuola Bosina l’aspetto locale rappresenta pertanto un principio culturale fondamentale, un metodo naturale e semplice di impossessarsi della propria civiltà e di aprire, da qui, un percorso di avvicinamento a qualsiasi altra realtà sociale. Appartenere a questa Scuola vuol dire conoscere, fin da piccoli, chi si è, che cosa si rappresenta, quale ruolo si occupa nella storia locale, nazionale e mondiale, maturare la certezza di non essere un numero fra tanti uomini, bensì di assumere la parte di attore del proprio futuro e di quello altrui.
Dietro le magniloquenti dichiarazioni di intenti c’è la possibilità di studiare arti e tradizioni locali, alla Bosina; accanto a corsi extracurricolari di dialetto varesotto: per dirla con la descrizione ufficiale del sito delle associazioni padane, “la Scuola Bosina si propone come obiettivo quello di coniugare l’insegnamento previsto dagli organismi competenti, con le esigenze del tessuto sosciale locale, di formatre futuri cittadini integrati nella realtà storica, culturale, economica e industriale che li circonda, pronti a confrontarsi con altri modelli sociali”. Il tutto in aggiunta, ovviamente, ai programmi ministeriali – la scuola è parificata: qui insegna Manuela Marrone, pensionata dallo Stato e lavoratrice per il privato d’ispirazione leghista; tuttora socia della cooperativa che gestisce la struttura. Lineare.
QUEGLI 800MILA EURO – Un po’ meno lo fu la vicenda del finanziamento alla Bosina, visto che scoppiò un caso quando il governo fece arrivare, nei modi che vedremo, un finanziamento da 800mila euro alla scuola di Lady Bossi. La scuola Bosina è stata inserita nel 2008 dalla Commissione Bilancio del Senato – a guida leghista – nel Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, una lunga lista di “associazioni culturali, case di riposo, comuni, fondazioni, diocesi, parrocchie, università e appunto qualche scuola”, scriveva in merito il Giornale. Alla voce “ampliamento e ristrutturazione” il contribuente ha destinato ben 800mila euro di fondi pubblici all’istituto privato padano, peraltro con un bilancio in passivo di oltre 400mila euro – così, di fatto, il denaro pubblico ha ripianato le perdite di un ente di diritto privato: il che, come si sa, è vietato. Ai tempi della erogazione, nel luglio dello scorso anno, le iscrizioni – scrive Paolo Bracalini – erano comunque in netta crescita. Un po’ come il ruolo di Manuela nella Lega Nord: fra scuola dei popoli e gestione del partito occulta (secondo i suoi accusatori) la signora Bossi ha il suo bel daffare. Fra stipendio di parlamentare, però; indennità da consigliere regionale del figlio Renzo e sua baby pensione, senza Roma Ladrona, ironizza ancora Luca Telese, a casa Bossi il reddito “sarebbe zero”.