La tragedia di Julen, che ricorda quella di Vermicino

La Spagna sta seguendo con il fiato sospeso il tragico incidente del piccolo Julen, un bambino di 2 anni e mezzo caduto in un pozzo largo 25 cm e profondo 110 metri mentre stava giocando nella proprietà di un familiare nella Sierra di Totalan vicino Malaga. Una storia che ricorda molto quella di Alfredo Rampi, e che nel giugno 1981 tenne tutta Italia incollata al televisore per seguire la diretta Rai di 18 ore.

Julen come Alfredo Rampi, l’incidente di Malaga

Julen è caduto nel primo pomeriggio di domenica dentro un pozzo di prospezione, mentre stava giocando con un altro bambino in un campo. Nel frattempo i genitori ventenni José Roselló e Victoria Garcia stavano preparando da mangiare insieme al resto della famiglia, con la quale stavano trascorrendo qualche giorno nella proprietà compresa fra il ruscello di Olía e il fiume Totalan, vicina al dolmen Cerro de la Corona, nella Sierra di Totalan. Secondo quanto ricostruito, proprio uno dei familiari avrebbe visto il bambino cadere nel pozzo, e ha lanciato l’allarme tra grida e urla disperate.

Oltre 100 persone fra vigili del fuoco, protezione civile, guardia civile, hanno cercato di contattare il bimbo per tutta la notte: dopo un iniziale flebile pianto del piccolo, non si è udito più nulla. Per via della circonferenza ridotta del pozzo, i soccorritori non possono calarsi all’interno per cercare di recuperare il piccolo Julen. La decisione quindi è stata di far scendere un robot con le telecamere, che però si è fermato dopo 78 metri per colpa di una frana. L’unico segno del piccolo Julen che è riuscito ad intercettare è un sacchetto di caramelle che il piccolo aveva con se quando è caduto nel pozzo.

Le squadre di salvataggio però non si danno per vinte. il portavoce della guardia civile, Bernardo Moltó, ha dichiarato che «non saranno risparmiati mezzi nell’operazione di salvataggio». Moltó ha spiegato che stanno valutando tre diversi approcci. nella prima fase  verrà rimosso con estrema cautela il materiale franato ai 78 metri utilizzando una potente pompa aspiratrice. Poi, «si scaverà un pozzo parallelo» per tentare di raggiungere il piccolo Julen, mentre nel frattempo le pareti della cavità di 25 cm verranno rinforzate per impedire nuovi cedimenti del terreno.

Julen come Alfredo, le similitudini tra le due tragedie

Una storia che ricorda molto quella di Alfredo Rampi, il bambino di sei anni che nel giugno del 1981 precipitò in un pozzo artesiano a Vermicino, nella località di Selvotta, vicino Frascati. Anche la famiglia di Alfredo stava trascorrendo qualche giorno di vacanza nella seconda casa di famiglia, proprio come quella di Julen. Alfredo cadde nel pozzo tornando verso casa la sera di mercoledì 10 giugno. Fu la nonna Veja a ipotizzare per prima che Alfredo fosse caduto nel pozzo che era stato recentemente scavato nel terreno adiacente. Una cavità profonda circa 80 metri, il cui ingresso era solitamente coperto con una lamiera. Il brigadiere Giorgio Serranti decise di ispezionare il pozzo, e infilando la testa riuscì a sentire i flebili lamenti di Alfredo.

Anche in quel caso, l’imboccatura del pozzo era estremamente stretta: solo 28 cm di larghezza. il primo approccio fu quello di calare una tavoletta a cui far aggrappare il piccolo Alfredo, ma la corda si ruppe e la tavola si incastrò definitivamente. Verso luna di notte alcuni tecnici della Rai, accorsi per coprire le notizie sul salvataggio del bambino, riuscirono a calare un’elettrosonda a filo, che consentì alle squadre di soccorso di comunicare con Alfredo. Si decise quindi di scavare un secondo pozzo, proprio come è stato deciso di fare per Julen. Ma l’operazione si rivelò molto complessa: gli speleologi sostennero che il terreno non fosse adatto, e vennero utilizzate ben tre macchine scavatrici di diversa portata. Moltissimi si offrirono volontari per scendere nei cunicoli: atti di coraggio e generosità, che però fecero più danni. La copertura mediatica dei Tg Rai si tramutò in una diretta sulle ultime 18 ore delle operazioni di soccorso. Il piccolo morì a 60 metri di profondità, e il suo corpo venne recuperato 28 giorni dopo.

La vicenda ebbe un enorme clamore mediatico, incollando circa 21 milioni di persone allo schermo per seguire le operazioni di soccorso con il fiato sospeso. Da quella tragedia però emerse anche una grande disorganizzazione: la zona non era stata recintata, i soccorsi non erano stati ben coordinati, e la copertura mediatica – sebbene fosse stata positiva per attirare l’attenzione e lanciare appelli di aiuto – attirò una folla di curiosi che rallentarono le operazioni.  La diretta fiume Rai, iniziata dopo l’annuncio incauto del capo dei Vigili del Fuoco che il recupero di Alfredo si sarebbe risolto a breve e sarebbe andato a buon fine, venne aspramente criticata, tanto che in quell’occasione venne coniata l’espressione “tv del dolore”.

(Credits immagine di copertina ARCHIVIO ANSA/DEF)

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