Chi è John Mark Dougan, l’americano che fa disinformazione per il Cremlino

Ex vice-sceriffo in Florida, fuggito a Mosca dopo esser stato accusato di hacking informatico ed estorsione. C'è lui dietro la galassia di siti di fake news da cui attingono i principali chatbot AI

19/06/2024 di Enzo Boldi

Ha poco più di 2.200 followers su X e meno di 5mila persone che lo seguono su Telegram e un profilo Facebook da 1.700 “amici”. Numeri molto bassi per pensare a una base cospicua per diffondere disinformazione sul conflitto Russia-Ucraina (e non solo). Eppure John Mark Dougan sta riuscendo “nell’impresa” di far tornare le ingerenze del Cremlino sull’imminente voto per le Presidenziali negli Stati Uniti ai fasti del 2016, quando un intero ecosistema – con sede a San Pietroburgo – alimentò una propaganda basata su fake news di ogni tipo. Un nome ormai noto, ma tornato sulla cresta della cronaca internazionale dopo l’indagine di Newsguard che ha evidenziato come dieci dei principali chatbot AI presenti in Internet attingano – come fonte – informazioni (false) anche dalla galassia dei siti che lui stesso gestisce.

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Racconti che non raccontano la realtà, in risposta a domande poste dagli utenti sulle principali piattaforme chatbot (compresa ChatGPT di OpenAI, Gemini di Google, Grok di xAI, Copilot di Microsoft e la neonata Meta AI). Ognuno di loro attinge in modo e in percentuali differenti, ma il problema resta sempre lo stesso: la disinformazione non può essere alla base dell’addestramento di strumenti di intelligenza artificiale.

John Mark Dougan, il disinformatore americano a Mosca

Una fonte inaffidabile che ha una storia controversa. John Mark Dougan ha 51 anni ed è un ex poliziotto americano che ha ricoperto anche il ruolo di vice-sceriffo in Florida (precisamente nella contea di Palm Beach) dal 2005 al 2009. Circa 12 anni fa, infatti, compì una serie di azioni che lo hanno portato a essere indagato per hacking informatico ed estorsione: aveva creato un account mail fittizio spacciandosi per un presunto commissario della Contea e invitava i cittadini a non votare per la rielezione dello sceriffo in carica. Ma non c’è solamente questo. Qualche tempo dopo, diffuse informazioni riservate celandosi dietro il nome di “BadVolf” (non è un caso che sia il suo nickname su X). Inoltre, riuscì anche a spacciarsi per una ricca ereditiera newyorkese e aggirò un funzionario pubblico locale.

Dopo le accuse, fuggì dalla Florida e dagli Stati Uniti trovando asilo politico proprio a Mosca. E lì, spacciandosi per giornalista (che non è) ha iniziato la sua lunga scalata nel mondo di Internet, pubblicando online 167 portali di disinformazione (tra cui, per esempio, DC News e Chicago Chronicle). Siti da cui, come rilevato dall’ultimo audit di Newsguard, attingono i 10 principali chatbot AI.

L’ecosistema delle fake news pro-Cremlino

Centinaia di siti, dunque, che quotidianamente diffondono disinformazione: dalla (non reale) villa acquistata dalla Casa Bianca per donarla al Presidente Ucraino Zelensky a Vero Beach (Florida) al battaglione Azov che reclutava volontari in Francia. Ma anche l’inchiesta (falsa) sui presunti laboratori americani di armi biologiche in Ucraina Due esempi di come la propaganda pro-Putin adescava lettori e faceva cadere nel tranello anche gli imperfetti chatbot AI. La “firma” di punta di alcuni di questi finti siti di informazione era una presunta “Jessica Devlin”: una giornalista che non esiste e che – una volta messo alle strette dalle indagini di Newsguard e altri – venne dichiarata morta in Costa Rica. Anzi, «uccisa brutalmente». Con tanto di necrologio utilizzando la fotografia di una donna: la scrittrice canadese Judy Batalion.

Siti di propaganda russa che, come visto, rappresentano la nuova ingerenza del Cremlino in vista del voto di novembre per le Presidenziali USA. Un sistema che, visti i vulnus degli strumenti AI, sta già avendo un impatto sulle narrazioni mondiali. Sempre più persone si rivolgono, infatti, ai chatbot AI e non più ai motori di ricerca. La disinformazione passa anche da lì.

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