Giusto, ma sbagliato: il capo di Twitter spiega il ban di Donald Trump

Secondo Jack Dorsey, le circostanze hanno portato a una legittima sospensione. Ma questo è un aspetto che deve far riflettere per il futuro dei social (e non solo)

14/01/2021 di Enzo Boldi

Dopo le polemiche dei primi giorni (a cui sono seguite ulteriori decisioni da parte di differenti piattaforme social) il CEO di Twitter, Jack Dorsey, ha pubblicato alcuni tweet per dare la sua versione dei fatti sulla sospensione (o ban) dell’account del quasi ex Presidente degli Stati Uniti. Secondo lui, infatti, la decisione presa era inevitabile, ma quanto successo deve aprire un capitolo di discussione. Jack Dorsey su ban Trump sembra contraddirsi, ma sottolinea che quando si arriva a un divieto, vuol dire che il sistema ha fallito.

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Il Ceo di Twitter ha scritto una lunga riflessione (anche se forse Twitter, con il suo concetto di brevità, sembrava essere il luogo meno adatto) su quanto accaduto nei giorni scorsi.

«Credo che questa sia stata la decisione giusta per Twitter – scrive Jack Dorsey -. Abbiamo affrontato una circostanza straordinaria e insostenibile, che ci ha costretto a concentrare tutte le nostre azioni sulla sicurezza pubblica. Il danno offline derivante dalle conversazioni online è palesemente reale ed è ciò che guida soprattutto la nostra policy».

Jack Dorsey su ban Trump, giusto ma sbagliato?

Il lungo thread su Twitter prosegue sottolineando come il caso Donald Trump abbia messo in evidenza alcune contraddizioni e spunti per un futuro delle piattaforme social: «Dover bandire un account ha implicazioni reali e significative. Sebbene ci siano eccezioni chiare ed evidenti, ritengo che un divieto sia un nostro fallimento nel promuovere una sana conversazione. E un momento per riflettere sulle nostre operazioni e sull’ambiente che ci circonda».

Ma le regole sono le regole

In un altro passaggio del thread di Jack Dorsey su ban Trump, il CEO di Twitter sottolinea come chi si iscrive al social accetta le condizioni e le policy (che sono pubbliche e non oscure). Quindi, alla fine, non ci si può lamentare se la violazione di quei regolamenti porti – inevitabilmente – a misure estreme.

Il sentiment: come uno governo

Infine: «Questo momento potrebbe richiedere questa dinamica, ma a lungo termine sarà distruttivo per il nobile scopo e gli ideali di Internet aperto. Un’azienda che decide di moderarsi è diversa da un governo che rimuove l’accesso, ma può credersi più o meno lo stesso».

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