Fact Checking: che succede se l’Italia esce dall’euro

“Fuori dall’euro? Dai conti correnti ai mutui. Così in sei mosse si rischia un buco da 2.000 miliardi nelle tasche degli italiani”: così si intitolava un insieme di “slides” (apparse a dicembre sul sito del Sole 24 Ore), che spiegavano le immani sciagure che potrebbero occorrere ai poveri risparmiatori italiani nel caso di una uscita dell’Italia dall’Eurozona. Noi vogliamo fare semplicemente un fact checking per vedere quante di quelle osservazioni siano corrette sotto il profilo economico, quali invece siano inesatte e quali sono invece i rischi (o i vantaggi) per i risparmiatori italiani.

1) e 3) IL PATRIMONIO – IMMOBILI, AZIONI E OBBLIGAZIONI

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Di quanto si svaluterà l’eventuale nuova lira? Intanto bisogna sempre (sempre, sempre, sempre) ricordare che la svalutazione di una moneta è un cambio di rapporto verso un’altra, quindi per dire che la nuova lira svaluterà del 20-30% bisogna indicare in rapporto a quale valuta e di converso vuol dire che l’altra moneta rivaluta. Non è un valore fisso, lo ripeto perché su questo punto c’è tanta confusione, ma un rapporto di cambio.
In questo caso dire genericamente che la nuova lira svaluterà del 20-30% non ha assolutamente senso economico. Verso cosa? Il restante euro? Il dollaro? Lo yen? Cosa?

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Per esempio nel caso dell’uscita della sola Italia dall’Eurozona la nuova lira svaluterebbe probabilmente meno contro il dollaro che contro l’euro. Assumendo come validi i valori indicati da uno studio Nomura appare che la Nuova Lira svaluterebbe contro il dollaro di appena il 7% per disallineamenti attuali ed di un 21-22% nei successivi 5 anni per eventuali differenze di inflazione con gli USA,. Variazioni di queste portata sono già state sperimentate anche con l’euro che infatti, partito nel 1998 a 1,1 contro il $ nel 2001 si svalutò fino a 0,85 per poi arrivare a 1,6 nel 2008 ed iniziare un saliscendi fra 1,5 e 1,2 fino ad oggi.

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Tenendo conto che le materie prime, come petrolio e gas, si comprano in $ capite che abbiamo sempre assorbito senza grossi problemi variazioni di questo livello in quanto i prezzi del prodotto finito (quali ad esempio la benzina o il gas da riscaldamento) sono sempre stati influenzati solo in minima parte dai costi delle materie prime, che hanno, loro sì, variazioni percentuali di prezzo di ben altro livello. Guardate ad esempio il prezzo del petrolio grezzo che dai 15$ del ’98 passa fino ad oltre a 140$ nel 2008 per poi assestarsi attorno ai 100$ odierni.

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Ma arriviamo all’argomento forte del punto, cioè il patrimonio degli Italiani. I beni reali, come gli immobili o le azioni, sono valutati giorno per giorno sul mercato. Come chiunque abbia una casa ben sa, pur restando nell’euro, il suo immobile negli ultimi anni ha subito una forte “svalutazione”, di circa il 6% SOLO nel 2013 (dati ISTAT), per via della crisi dei redditi, delle difficoltà di accendere un mutuo eccetera. Dall’inizio della crisi nel 2008 molti han visto il valore della propria casa scendere anche del 20-30%. Sul valore delle azioni vogliamo vedere i meravigliosi risultati dell’era dell’euro invece? Questo è il grafico del FTSE MIB dal 1998 ad oggi:

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Credo che non ci sia bisogno di fare alcun commento su questi dati, gran parte del nostro patrimonio è stato “svalutato” dalla crisi che ci sta colpendo dal 2008 perché brutalmente i tuoi beni valgono di più se qualcuno ha i soldi per comprarteli, non a seconda di quanto la tua valuta nazionale quota in quel momento.

2) I CONTI CORRENTI

Qui il maggiore pericolo paventato è un’inflazione superiore al tasso che pagherebbero Banche e Poste sulle somme depositate. Contando che già da anni gli interessi sulle somme depositate sui conti correnti sono inferiori al tasso di inflazione, oltre ad essere ultimamente tassate e tartassate in tutti i modi possibili, non si capisce bene il senso della questione.

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Sui rischi per il settore bancario vale invece il ragionamento fatto sugli immobili e le azioni. Già oggi, dentro l’euro, qualche risparmiatore che ha investito i suoi soldi in obbligazioni subordinate ha subito qualche inconveniente (ad esempio questo o questo). Non dimentichiamoci poi del caso di Cipro (coi correntisti chiamati a “salvare” le banche coi loro depositi) che è diventato il piano di azione ufficiale dell’Eurozona in caso di crisi bancarie .

4) I TITOLI DI STATO

Il rischio paventato in questo caso è un crollo delle quotazioni dei titoli di Stato. Ricordiamoci come prima cosa quello che si diceva prima: negli ultimi anni l’euro si è svalutato/rivalutato contro il $, la valuta di riferimento mondiale, anche per percentuali notevoli ma nessuno si è preoccupato “oddio quanto varranno i miei BTP!” visto che pochi fanno la spesa a New York e gli investitori internazionali già “prezzano” i rischi di una obbligazione nel tasso che paga.

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Questo è il motivo dello spread fra titoli italiani e tedeschi che rappresenta in gran parte il rischio di una rottura dell’Eurozona con i conseguenti rischi di svalutazione italiana ed il premio per i titoli tedeschi in quanto invece un nuovo marco rivaluterebbe su tutte le altre monete europee ed il dollaro. Sicuramente potrebbero “soffrire” i titoli a tasso fisso in caso di rialzo dei tassi a causa di un rialzo dell’inflazione o per politiche monetarie, ma nello stesso modo in cui hanno sofferto per il rialzo dei tassi a fine 2011 con le quotazioni cadute ben sotto la parità, mentre in caso di titoli con tasso indicizzato il rischio sarebbe invece quasi inesistente perché i rendimenti verrebbero adeguati. Da sottolineare, per la gran parte dei risparmiatori che non fa negoziazione sui titoli di stato, che alla scadenza essi rimborserebbero comunque il 100% del capitale, a prescindere dalla quotazione.

5) I MUTUI

Nel caso di uscita dall’euro andrebbero ridenominati tutti i contratti regolati da leggi nazionali, quindi non solo i crediti ma anche i debiti. Pure i mutui verrebbero di conseguenza convertiti nella nuova valuta nazionale, quella con cui verrebbero pagati gli stipendi.

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Sui tassi e le condizioni che si alzerebbero, l’ipotesi suggerita dall’articolo del Sole24Ore sta già succedendo adesso come giustamente riporta Vito Lops, un giornalista della stessa testata.

6) EURO E LIRA

Il finale sulle vacanza all’estero è forse l’unica cosa sostanzialmente corretta di queste slide. Sì, è vero, le vacanze all’estero probabilmente costerebbero di più, la colazione a Parigi ed il pranzo a Londra sarebbero meno convenienti. Certo che da disoccupati sarebbe un problema maggiore vero?

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