Famiglie, lavoratori e ragazzi: l’Italia distrutta del Ponte Morandi

Un istante che ridisegna per sempre lo skyline di Genova e che riporta l’Italia a contatto con i suoi fantasmi. Sì, perché sono in molti, in quel drammatico 14 agosto, quando il Ponte Morandi si spezza trascinando con sé l’inquietante bilancio umano di 43 vittime, a riandare con il pensiero ad altre stagioni. Come il terribile 2 agosto del 1980 quando a Bologna, nel corso della drammatica esplosione della stazione, persero la vita ben 85 italiani. Era l’Italia del terrorismo, delle radio libere e delle tv in bianco e nero.

L’Italia del 2019 sembra un altro mondo. Ma, dalle dirette delle tv private al tam tam dei social network, il senso di impotenza è lo stesso. E molti non resistono alla tentazione di paragonare il crollo del Ponte Morandi alle pagine più buie della storia italiana. Come il padre di Giovanni Battiloro, promettente giornalista di Torre del Greco, che all’indomani della tragedia parla apertamente di “Strage di Stato”. Sì, perché la rabbia è tanta e il nemico non è più una frangia eversiva. Il nemico si chiama imperizia, opere pubbliche decadenti, appaltate a privati pronti a massimizzarne i profitti, ma forse incapaci di garantirne la sicurezza, uno Stato paralizzato e spesso incapace di fare gli interessi dei cittadini. La tragedia del 14 agosto diventa in breve il simbolo dell’Italia di questi anni, il nostro personale e doloroso Titanic.

Le famiglie del Ponte Morandi

Da sud a Nord la tradizionale vigilia di ferragosto è un giorno di spostamento per molti vacanzieri o per molti lavoratori pronti a ritagliarsi un giorno di pausa dalla calura estiva. Ma a Genova, così come in larga parte della penisola, quel giorno sembra tutto fuorché estate. La pioggia si abbatte sulle le strade liguri e anche sul manto stradale del ponte Morandi, mentre molte famiglie lo attraversano dirette verso mete turistiche sognate da mesi. Uomini, donne e bambini: i volti di chi ha perso la vita in quel tragico giorno di agosto si sovrappone presto nelle edizioni straordinarie dei telegiornali e nelle aperture dei quotidiani on-line. E le loro storie colpiscono subito l’opinione pubblica. È il caso della famiglia Robbiano, un nucleo composto da Roberto, Ersilia e il piccolo Samuele. I tre erano in partenza verso la Sardegna. Sul cruscotto della macchina gli inquirenti hanno ritrovato un telefonino che squillava all’impazzata. «Mamma» è la scritta che compariva sul display. Dall’altra parte del filo c’era una nonna, disperata, che tentava di parlare con la figlia.

O è il caso della coppia formata da Christian Cecala e Dawne Munroe: i due ragazzi si erano conosciuti in Jamaica ed erano in viaggio verso le vacanze con la figlioletta Crystal nel giorno del crollo. La tragica fatalità unisce vittime di diversa nazionalità come la famiglia dello chef cileno Juan Carlos Pastenes, 64 anni, da 30 anni abitante a Genova e quella di Alessandro Robotti, astrofilo dell’alessandrino e della moglie Giovanna Bottaro. E a farne le spese sono spesso i minori. Come i due figli di Claudia Possetti, Manuela (16 anni) e Camilla (12). I due viaggiavano con la madre e con il suo nuovo compagno, Andrea Vittone. Commosso il ricordo della sorella di Paola: «Mia sorella Claudia stava vivendo uno dei momenti più belli della sua vita. Dopo la separazione e un periodo di convivenza si era risposata da pochi giorni. Era felice, con suo marito erano appena tornati dagli Stati Uniti dove erano andati in viaggio di nozze con i ragazzi nati dal primo matrimonio: Camilla e Manuele – racconta- eravamo legatissime».

Morandi: la strage dei lavoratori

Ma il 14 agosto non è per tutti sinonimo di vacanza: per molti è un giorno come un altro, e non sono pochi i lavoratori coinvolti nel maledetto momento del crollo. Portuali, dipendenti pubblici, precari di aziende municipalizzate, ma anche commessi, autotrasportatori e lavoratori occasionali e piccoli imprenditori: è uno spaccato abbastanza fedele del Paese quello delle vittime coinvolte nel crollo del ponte genovese. Molti dei lavoratori che hanno perso la vita in quel maledetto 14 agosto erano all’opera per racimolare qualche soldo extra, molti lasciano mogli, genitori e figli.

È il caso di Andrea Cerulli, portuale che si stava recando al lavoro verso Voltri, ma anche dei numerosi autotrasportatori che hanno perso la vita sul ponte. Storie come quelle di Marian Rosca, camionista romeno che viaggiava con il collega moldavo Anatolii Malai nel momento dello schianto: la sua famiglia ha autorizzato dopo l’incidente alla donazione degli organi. Un destino beffardo che accomuna molti altri camionisti italiani e lavoratori come Gennaro Samataro, autotrasportatore napoletano, Vincenzo Licata, Luigi Matti Altadonna (commesso per la catena Mondo Convenienza), Giorgio Donaggio, ex campione di Trial ricordato anche dall’inviato di Striscia la Notizia, Vittorio Brumotti.

Altri lavoratori ucciso dal Ponte Morandi erano invece addetti alla sicurezza stradale come Mirko Vicini, ultimo tra le vittime a essere trovato, precario dell’Amiu, l’azienda municipale di Genova. Un destino condiviso anche da Bruno Casagrande e Alessandro Campora (dipendente Aster).

E non mancano purtroppo le vittime anche tra i lavoratori occasionali come Marius Djerri, promessa calcistica del Campi Corniglianese, morto con l’amico Edi Bokrina, mentre si stava recando al lavoro per una ditta di pulizia. Inconsolabile la madre:  «Continuo a ripensare a quella mattina – dice – di solito lo chiamavo più volte al giorno, anche cinque o sei, e quel 14 agosto, chissà perché, ci siamo sentiti una sola volta. A volte mi dico che mi basterebbe una sola telefonata in più, sentire la sua voce una volta in più» ha confessato al Secolo XIX . E come per i due giovani ragazzi albanesi, anche quello di Henry Diaz Henao, ragazzo di origine colombiana e studente di ingegneria, era un lavoro occasionale. Henry stava accompagnando, con un servizio di navetta, una donna, Angela Zerilli, cinquantenne dipendente del comune di Milano verso un centro benessere. Una corsa che si è arrestata drammaticamente su quel maledetto ponte.

Le storie spezzate dal crollo

«Si sarebbero sposati qui tra meno di un anno e oggi: Marta e Alberto, questo è il vostro matrimonio»: la rivelazione del prete , nel giorno del funerale di Alberto Fanfani e Maria Danisi, medico e infermiera conosciutisi e innamoratisi nell’ospedale di Pisa, ha commosso molti. Ma quella dei due ragazzi è solo una delle tante storie : il crollo del ponte di Genova è anche la storia di sogni e promesse di coppie che si spezzano improvvisamente, di destini segnati dall’amore e dalla stessa tragica fatalità. Come quella di Stella Boccia e Carlos Jesus Eraso Trujillo: residenti ad Arezzo i due lavorano e si erano innamorati lavorando insieme nel ristorante dei genitori di Stella. O quella della coppia di ventenni francesi Melissa Artus e Nathan Gusman, i due fidanzati erano in viaggio con altri due coetanei (Axelle Nèmati Alizee Plaze e William Pouzadoux) verso un rave in Sicilia quando il la strada si è aperta sul vuoto. Commosso il ricordo della sorella di William Pouzadoux, contattata poco dopo l’incidente dal quotidiano francese Le Parisien: «Era testardo, ma aveva il senso dell’umorismo. Faceva il viticoltore, aveva un cane che amava moltissimo e un sogno: acquistare un furgoncino con cui fare il giro del mondo».

Dalla vacanza alla tragedia

Volevano arrivaree invece a Barcellona i quattro ragazzi di Torre del Greco che hanno perso la vita sul ponte Morandi. Il loro dramma si sovrappone a quello di una città e di una nazione intera. Tra loro Matteo Bentornati, rampollo di una delle dinastie più importanti di Torre del Greco nel settore del corallo, Antonio Stanzione, deejay promettente e Gerardo Esposito, per gli amici Gerry, grande amante dell’Inghilterra. Tra di loro anche Giovanni Battiloro, promettente e conosciuto giornalista del napoletano per il quale si è mobilitato anche il sindaco De Magistris: «Esprimo la mia profonda tristezza per la tragica scomparsa a Genova di Giovanni Battiloro, unitamente ai suoi tre amici Gerardo, Antonio e Matteo, giornalista di Julie che negli anni ho imparato ad apprezzare non solo per la bravura con la macchina da presa ma anche per l’educazione ed il garbo con cui svolgeva il suo lavoro. L’amministrazione comunale abbraccia forte la famiglia ed è accanto a tutti quanti gli hanno voluto bene».  L’ennesima vita spezzata, l’ennesimo tassello di una Spoon River che ha macchiato per sempre quella maledetta estate italiana.

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