Cosa dovrà fare il prossimo ministro della Transizione Digitale (o chi per lui)

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Vittorio Colao ha consegnato un documento pubblico per mettere nero su bianco lo stato della digitalizzazione del Paese, le cose fatte e le cose ancora da fare

Sicuramente, c’è una lista di cose fatte. E poi c’è una lista – abbastanza impegnativa – di to do. È tutto nel documento Italia Digitale 2026, che rappresenta una sorta di stele di Rosetta dell’attività di Vittorio Colao, ministro della Transizione Digitale. È la schedina dei risultati che ha raggiunto questa amministrazione – che ha dovuto gettare le basi per impegnare una quota corposa di fondi del Pnrr – e degli obiettivi che, invece, dovranno ancora essere raggiunti dal successivo governo. Che – tra l’altro – non è chiaro se avrà effettivamente un ministro dedicato interamente alla Transizione Digitale, se questo dicastero avrà un altro nome o se, addirittura, questa struttura si troverà tra i palazzi romani o quelli milanesi, come vorrebbe – invece – Matteo Salvini.



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Italia Digitale 2026, le cose che il nuovo governo non può fare a meno di fare

Per quanto riguarda l’argomento 5G, il ministero di Colao ha raggiunto diversi obiettivi, ma ha lasciato ai successori la mappatura delle reti su tutto il territorio nazionale, la definizione di una piattaforma di monitoraggio per il raggiungimento dei target di riferimento, un tesoretto di 1,2 miliardi da investire (in seguito ai risparmi derivanti dall’implementazione delle nuove tecnologie). Un capitolo corposo da affrontare è sicuramente quello sul Polo Strategico Nazionale per il cloud della pubblica amministrazione: attualmente, il ministero di Colao ha posto le basi di partenza con l’assegnazione della gara, ma da qui in avanti ci sarà da entrare a regime, rendendo effettiva la migrazione delle varie strutture amministrative (locali e centrali) verso il PSN. Ma sarà importante anche completare il discorso dello SPID: sull’identità digitale, infatti, l’attuale governo ha raggiunto circa il 70% della popolazione italiana, ma l’obiettivo è quello di portarsi avanti – anche rispetto ai target europei – per fungere da stato pilota per questo ambito.



E allora, il prossimo governo dovrà rilasciare lo SPID per i minori, dovrà concludere l’integrazione dello SPID e della carta d’identità elettronica nelle scuole e nelle pubbliche amministrazioni, oltre a lanciare un sistema di gestione delle deleghe digitali. Sempre da questo punto di vista, l’obiettivo sarà quello di rafforzare ulteriormente l’app IO e quello di lanciare la nuova piattaforma PagoPA sempre per la pubblica amministrazione.

I nervi scoperti di Italia Digitale 2026

Ancora lontani, invece, gli obiettivi nella medicina digitale. Ci sono 1,8 miliardi in ballo e l’orizzonte di scadenza è quello più distante, dicembre 2023. Per questo, le cose da fare sono ancora molte. In primis, l’attivazione della Piattaforma Nazionale di Telemedicina, che al momento è stata definita soltanto nella sua architettura e per la quale sono state attuate delle linee guida generali. Bisognerà avviare e assegnare la gara e portare al 90% le regioni che si avvarranno dei programmi pilota per il Fascicolo Sanitario elettronico e per l’Ecosistema dei Dati Sanitari.



Altro punto critico – sia per il quantitativo di risorse a disposizione, sia per le tempistiche ancora distanti a livello di scadenze – sarà tutto il discorso sullo spazio: ci sono 2,3 miliardi del Pnrr a disposizione e l’orizzonte è quello del marzo 2023. Ci sono bandi da organizzare e da assegnare su comunicazioni satellitari, osservazione della Terra, Space Factory, Economia in orbita. Inoltre, bisognerà realizzare un progetto per l’applicazione dell’intelligenza artificiale nella Pubblica Amministrazione e legiferare sugli ambiti di applicazione del deep tech. Insomma, tanta strada da fare. E – non essendo state analizzate in campagna elettorale le priorità sulla digitalizzazione dell’Italia – a oggi ci sembra difficile stabilire quale possa essere il reale grado di interesse dell’attuale governo su queste tematiche.