Israele ha ammesso di avere colpito nella notte tra l’8 e il 9 aprile la base aerea T-4 di Homs, nella Siria centrale, con l’obiettivo di neutralizzare la produzione iraniana di droni, che ha in quel luogo il suo centro operativo.
L’attacco rappresenta una novità assoluta e, come ha rivelato l’editorialista del New York Times Thomas Friedman, porta lo scontro tra Israele e Iran a un livello successivo.
L’articolo del NYT, intitolato “La prossima vera guerra in Siria: Iran contro Israele“, riporta le parole di un funzionario militare israeliano: “È la prima volta che abbiamo attaccato obiettivi iraniani dal vivo – sia strutture che persone“. Nell’offensiva sono morti 7 militari di Teheran, incluso il responsabile del comando operativo dei droni, il colonnello Mehdi Dehghan.
Il rischio di una guerra diretta e non più per procura è davvero possibile? A leggere le parole di Friedman, sembrerebbe proprio di sì, anche perché l’azione israeliana è giunta in seguito a una iraniana risalente al febbraio scorso, quando un drone di Teheran partito dalla Siria ha sorvolato lo spazio israeliano prima di essere abbattuto. “Questa è stata la prima volta che abbiamo visto l’Iran compiere un’azione diretta contro di noi – ha commentato un’altra fonte israeliana – e non per procura. Questo apre un nuovo periodo“.
L’Iran ha in Bashar al-Assad un alleato di ferro. E, se il presidente dovesse riuscire a uscire vincitore da una guerra civile (e non solo civile) che interessa la Siria da 7 anni, Teheran arriverebbe di fatto alle porte di Israele.
Da canto suo, il Paese ebraico non può permettersi una situazione del genere e sta facendo di tutto, incluso compiere raid diretti in territorio siriano, per non rimanere strangolato.
(Foto credits: Haaretz)